BIM

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Come scalare il BIM e individuare il metodo migliore per i progetti

Scritto da Roberto Marin
il 30 agosto, 2022

Tag: Risorse, Passare al BIM

Come tutti, anch'io ho iniziato da qualche parte con il BIM. In particolare, ho notato che la domanda Da cosa partire con il BIM? è molto ricorrente da parte di chi si avvicina a questo mondo progettuale.

È un dubbio lecito che mi sono posto anche io! Nel mio caso, dietro alla domanda, si nascondeva anche un po' di sana paura per questa famosa Filosofia BIM che, oltre a essere immensa e onnicompresiva di ogni aspetto dell'edificio, per essere compresa a fondo richiede di imparare acronimi di ogni genere e una specifica normativa.

Mettere sul piatto della bilancia questa quantità di informazioni insieme a uno studio avviato, delle pratiche edilizie che hanno scadenze sempre troppo strette e la supervisione dei cantieri, rende il bilancio molto sfavorevole all'avvicinamento al BIM, giusto?

Sbagliato.

 

Il primo approccio con il BIM

Mi sono trovato proprio in questa situazione a metà carriera professionale. Le economie di scala che Archicad permette nella progettazione mi erano chiare, grazie al corso in presenza che ho seguito presso il rivenditore Archicad per il Piemonte Weisoft, a Torino: in quel corso c'era la possibilità di utilizzare i computer messi a disposizione dall'organizzatore sui quali era installato Archicad e con cui i partecipanti potevano realizzare un modello tridimensionale di un edificio partendo da zero, grazie alle spiegazioni e indicazioni del docente.

Chiarito l'aspetto del risparmio di tempo col corso, rimanevano ancora nebulosi alcuni dettagli legati al mio lavoro:

  • Da dove partire?
  • Con che pratica?
  • Con che caso effettivo?
Non potevo continuare a perdere tempo nella progettazione con un workflow inefficiente come quello del CAD, dovevo fare il salto di qualità. Da dove iniziare rimaneva il primo ostacolo da superare.

L'occasione non si è presentata subito, nei primi giorni dopo il corso, ma qualche tempo più tardi, mentre stavo iniziando a disegnare al CAD le piante di progetto di una scala esterna di una piccola abitazione a due piani.

Niente di particolarmente evoluto o di design, intendiamoci. Si trattava di una semplice scala esterna a L che doveva collegare il primo piano al piano terreno di una casa singola, creando un accesso esclusivo, propedeutico alla successiva divisione della casa: il piano terra sarebbe rimasto ai genitori mentre il piano primo era destinato alla famiglia del figlio.

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Archicad arriva in studio

L'idea era quella di usare la tecnica che avevo conosciuto fino ad allora: rilievo a mano, restituzione grafica e progetto al CAD. Mentre disegnavo mi è tornato in mente il corso pratico fatto qualche tempo prima in cui avevo visto disegnare la scala in pochi minuti, e mi sono ritrovato a pensare: Eh, a usare Archicad a quest'ora avrei già disegnato tutta la scala con la ringhiera annessa facendo calcolare a lui le alzate...

Allora perché non provare a usare Archicad per vedere se in effetti sarei riuscito a risparmiare tempo? Prima però completo le piante al CAD, così mi porto avanti col lavoro! Fatto ciò, senza lanciarmi in progettazioni sperticate, ho iniziato a sfruttare quello che già avevo: il file DWG della pianta del piano terra.

Sfruttando i consigli dispensati da Luca Manelli nel suo video Come importare un DWG a impatto zero avevo a disposizione da subito una solida base da cui partire. Ho disegnato in velocità con Archicad i muri esterni dell'edificio, senza preoccuparmi del loro spessore e seguendo il perimetro esterno utilizzando gli utili snap riconosciuti automaticamente sul DWG, e ho inserito le finestre solo sulla parete su cui sarebbe stata addossata la scala, senza preoccuparmi della resa grafica o del livello di dettaglio.

Poi, dopo aver creato il solaio esterno su cui si sarebbe appoggiata la scala, era arrivato il momento di disegnare la scala stessa. Seguendo gli appunti che avevo preso durante il corso e facendomi aiutare da un paio di video di Luca Manelli nel suo canale Youtube, sono riuscito in poco tempo a tracciare la scala come avevo pensato.

Ottimo lavoro!, mi sono detto. Modello tridimensionale fatto!

Gustandomi il lavoro svolto e autocompiacendomi di aver impiegato molto meno tempo a progettare la scala esterna col BIM rispetto al CAD, mentre controllavo il modello tridimensionale con il movimento orbitale, mi sono accorto di un piccolissimo problema: il rampante della scala passava davanti all'angolo in alto a destra della finestra sottostante.

Ma com'è possibile? Controllo quindi le piante DWG e il rilievo, faccio i conti per verificare l'altezza in quel punto del rampante della scala e in effetti l'errore c'era. Non rimaneva che maledirmi per la cattiva progettazione e farne esperienza.

 

Keep calm e... usa Archicad

Mi sono quindi messo alla ricerca del punto da cui era nato il problema: avevo progettato correttamente le piante al CAD, ma non avevo ancora fatto i prospetti o la sezione sulla scala. Operazioni che sarebbero state eseguite più avanti e che mi avrebbero fatto notare inevitabilmente questa interferenza, richiedendo di revisionare però tutti gli elaborati fino ad allora eseguiti.

Invece, con la sola modellazione tridimensionale, senza alcuna pretesa di BIM, ho individuato l'errore molto prima con una semplice clash detection visiva.

Per carità, stiamo parlando di un errore dalla facile risoluzione: è bastato spostare di qualche centimetro il punto di arrivo della scala al primo piano, accorciare di un centimetro le pedate e lo spessore del rampante della soletta. Modifiche che all'interno di Archicad non hanno richiesto di fare conti, è stato sufficiente sfruttare le qualità parametriche della scala: è bastato inserire due numeri e lo spostamento di un punto, il tutto verificabile in modo comodo e visuale nel modello.

Tutto è bene ciò che finisce bene ed è terminato questo nuovo episodio de "Gli errori di Roberto"! Non rimane che trarne qualcosa di buono.

 

1. Non serve cominciare con progetti complessi

Nel primo approccio col mondo BIM non c'è la necessità di iniziare con un intero edificio o qualcosa di molto complesso: si inizia da cose piccole, come quelle dell'esempio spiegato poco fa. In questo modo si inizia a prendere dimestichezza e a conoscere il software di BIM authoring, a imparare utilizzando gli strumenti a disposizione e a creare il vostro modello.

Il modello creato molto probabilmente non sarà perfetto, non sarà preciso, non sarà al vostro massimo livello di dettaglio e progettazione ma dovrete essere fieri di questo passo perché proprio questo piccolo passo vi sta proiettando verso il futuro e constaterete che, oltre a essere il primo, sarà seguito da tanti altri in poco tempo perché un passo tira l'altro, come le ciliegie.

Riprendendo la citazione di Jared Barks: Devi comprendere che le soluzioni iniziali non saranno quelle finali.

Il metodo o gli strumenti che verranno utilizzati all'inizio non saranno quelli che si utilizzano dopo un po' di esperienza: come nell'alfabeto, prima impari A, poi B e poi C, scopri che D è simile a B, ma è ottimo solo in alcuni casi e che non lo potevi capire senza conoscere C.

 

2. I concetti di LOD e LOIN

La seconda cosa, come avrete notato, in tutto il racconto non ho citato né LOD o LOIN. Cosa sono? Abbiamo dedicato un intero articolo al tema. In questo caso, invece, accenno solo che si tratta del livello informativo di un oggetto e che dall'acronimo LOD si è passato a LOIN per definire meglio la prospettiva di livello informativo.

Concetto che a mio parere non ha senso approfondire al primo approccio: sappiamo bene qual è la scala e il livello di dettaglio che dovrà avere l'elaborato grafico da presentare allegato alla pratica comunale, tendenzialmente in scala 1:100. Se vogliamo, possiamo scendere molto di dettaglio, ma come primo approccio penso sia poco produttivo: chi è più anzianotto come me e ha vissuto il passaggio dal disegno a mano con le chine al disegno vettoriale col CAD sa bene che è facile cadere nel tranello offerto dalla possibilità di ingrandire a dismisura il disegno vettoriale e poter raggiungere un livello di dettaglio infinitesimo.

Dettaglio che, nel momento in cui questo disegno verrà stampato in scala 1:100, perderà tutta la sua utilità vanificando la precisione raggiunta. Senza considerare che i cantieri si sviluppano in ambito edile e non in quello della meccanica di precisione.

metodo-di-lavoro-efficace-di-gestione

 

Un metodo di lavoro efficace per la gestione dei progetti

Dopo aver iniziato da qualche parte, non rimane che mettersi sotto con la transizione del proprio studio dal CAD al BIM con l'aiuto delle linee guida descritte in questi 9 passi, migliorando il metodo di lavoro e considerando l'aspetto del monitoraggio dei progressi fatti.

Nel mio caso è stato semplice: avendo portato avanti parallelamente una parte del progetto con due sistemi, è stato molto facile valutare le differenze tra un metodo e l'altro. L'esperienza fatta è stata molto illuminante: oltre a cogliere al volo l'interferenza tra finestra e soletta della scala, mi ha permesso di correggere con pochi passaggi ottenendo questa modifica propagata in tutte le viste senza che dovessi andare fisicamente a cambiare il disegno in ognuna di essa.

Inevitabilmente, andando avanti con l'implementazione della filosofia BIM ci si occuperà di progetti via via più grandi ed è importante cercare di vedere il processo di progettazione da un punto di vista lontano ed esterno, non solo dall'interno.

Progetti più grandi, sia in termini di volumetria che in termini economici, significano trattare discipline diverse e interfacciarsi con tecnici esterni al proprio studio: per tenere sotto controllo questo flusso di informazioni bisogna avere un piano o qualcosa di molto simile.

 

Suddividere il progetto in macro aree

Come in tutti i problemi di una certa rilevanza, non si deve guardare tutto nel suo insieme, ma bisogna affrontarli scomponendo la questione in parti più gestibili: nel nostro caso, si tratta di scomporre il progetto per macro aree, cosa che intuitivamente siamo già portati a fare.

Mi riferisco alle distinzioni funzionali tra progetto architettonico, strutturale e impiantistico, nel classico esempio di un edificio, che a loro volta possono poi esser scomposte in parti più piccole e facilmente gestibili. Sempre nello stesso esempio, possiamo scomporre il progetto architettonico in murature portanti, arredamento, serramenti e così via.

In questo senso sarà di sicuro aiuto la nuova funzionalità introdotta in Archicad 26 che permette il raggruppamento dei layer in cartelle e la creazione di una gerarchia di layer.

Creando una cartella "Architettonico" potremo inserire al suo interno i relativi layer associati. In aggiunta potremo ad esempio creare altre cartelle come "Impianto elettrico", "Impianto idraulico", "Strutture" o "Sistemazioni esterne": il raggruppamento dei layer in settori specifici del progetto architettonico facilitano le possibili azioni su di essi, come ad esempio nascondere tutti layer delle cartelle degli impianti e dell'architettonico per vedere solo la parte strutturale.

Per i puristi rimane a disposizione la visualizzazione a elenco per avere una visione completa di tutti gli elementi che viene integrata dalla possibilità di effettuare una ricerca intelligente che funziona anche all'interno delle cartelle per trovare velocemente ciò di cui si ha bisogno.

 

Evidenziare attività e dipendenze tra le parti del progetto 

Dopo aver suddiviso il progetto in macro aree bisogna scomporre le macro aree individuate in parti ancora più piccole: azione direttamente indirizzata a portare in luce le attività di cui esse necessitano. Questa scomposizione, oltre a far conoscere le attività, permette anche di individuare le relative dipendenze tra le varie parti del progetto o figure tecniche coinvolte.

Questa parte di pianificazione può essere seguita tramite la tabella Kanban: questo sistema, tanto semplice quanto efficace, consiste nell'utilizzo di cartellini colorati (come i post-it) come segnalatori visuali che nel nostro caso possiamo utilizzare per appuntare le "attività" descritte in precedenza. Per mia comodità suddivido poi le attività sistemandole in tre colonne chiamate prosaicamente "To do", "Doing" e "Done".

Sapete anche bene però che mi piacciono le alternative informatiche e per questo metodo di progettazione si possono usare tranquillamente Notion o Trello, entrambi disponibili per i maggiori sistemi operativi desktop e mobile.

Ma so anche che molti di voi amano avere tutto integrato all'interno di Archicad e immagino che stiate già studiando un'alternativa alla tabella Kanban self-made inserita in qualche foglio di lavoro all'interno del file... cosa che, in effetti e a ben pensarci, non è per nulla una brutta idea!

A prescindere da dove avete intenzione di realizzarla, dando uno sguardo alla tabella, è possibile visualizzare agevolmente lo stato di avanzamento del progetto e quali sono le cose da fare che rimangono strettamente collegate alle macro aree.

 

Mai dimenticare la revisione periodica

Questo è un metodo per la gestione del progetto BIM che uso anch'io. Voglio però sottolineare che per ottenere i maggiori benefici è fondamentale effettuare una revisione periodica di cosa si è fatto, per riuscire a capire i punti deboli del workflow, fare stime più realistiche del tempo necessario alla progettazione e quantificare meglio il preventivo per lavori simili.

 

Altri esempi utili per definire il metodo

Non è detto che questo sia il metodo migliore per voi ed è molto probabile che abbiate la necessità di effettuare qualche modifica per adattarlo meglio alle vostre esigenze o usarne direttamente un altro diverso. Per fortuna gli spunti non mancano e vi invito a leggere gli altri esempi portati dagli studi D.Vision, Malara Architetti, A&T Consulting, MBAA e Mijic Architects direttamente qui sul blog di Archicad Italia.

Così, quest'estate, oltre a pensare all'importanza del template per il vostro studio, potete cogliere l'occasione per strutturarlo al meglio implementando e organizzando il vostro metodo di lavoro.

 

 

 


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