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La Caduta del Muro dell'Interoperabilità

Scritto da Roberto Marin
il 11 giugno, 2024

Tag: Approfondimenti

Attraverso l'adozione di tecnologie avanzate e la promozione della collaborazione tra professionisti, un architetto intraprese la sua battaglia per superare le sfide di collaborazione e aprire nuove possibilità al futuro della progettazione. Scopri come le innovazioni hanno cambiato e continuano a mutare il panorama del settore, elevando gli standard di efficienza e creatività.

 

L'incompatibilità dei file CAD

Tanto tempo fa, in una galassia non troppo lontana… ok, la citazione sembra forzata, ma a breve scoprirai che anche nel nostro mondo delle costruzioni si è svolta qualche guerra stellare!

Dicevamo, in una galassia non troppo lontana, nel cuore pulsante di un ufficio in Galactic City, si stava sedimentando la resistenza capitanata da Roby-Wan Kenome, un architetto Jedi il cui dominio dell’informatica era potente come la Forza stessa. La sua missione? Diffondere l’uso del CAD tra i colleghi che, come arma di difesa avevano le tenaci penne Rapidograph, ma nonostante questo, stavano perdendo la guerra ad una velocità impressionante, rallentati da strumenti come squadrette e tecnigrafi, non più adatti al futuro che li attendeva.

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Il nostro architetto iniziò così la sua missione al mattino, con la tipica tranquillità che caratterizzava la sua città sul pianeta Coruscant. I raggi del sole illuminavano ologrammi di progetti e modelli bidimensionali fluttuavano nell’aria come astronavi in orbita. Ma, come ogni eroe che si rispetti, Roby-Wan aveva un nemico da fronteggiare, il più grande e il più potente di tutti: l’Impero dell’incompatibilità dei file CAD. Un nemico subdolo che minacciava sia la collaborazione tra architetti, che quella con i mondi di altri professionisti appartenenti al settore delle costruzioni. Bisognava, quindi, farsi trovare preparati per fronteggiare le battaglie che da lì a poco si sarebbero scatenate.

 

La battaglia per la supremazia digitale

Con la determinazione propria degli Jedi, Roby-Wan decise di imbarcarsi in un viaggio attraverso l’iperspazio digitale cercando la chiave per decifrare il codice criptico che separava i suoi alleati, costretti a combattere battaglie tra formati di file a volte pagate a caro prezzo. Dopo aver navigato attraverso asteroidi di dati e superato le flotte di errori di sistema, trovò il droide convertitore di file, il suo R2-D2, che prometteva di essere il giusto mediatore tra le diverse lingue tecnologiche.

Con un clic, inviò il file attraverso il convertitore, sperando che la Forza fosse con lui. Il file si aprì senza intoppi, trasformandosi in una battaglia vinta, dimostrando, ancora una volta, che nonostante le sfide e gli ostacoli, la Forza dell’innovazione e della collaborazione era sempre la via vincente, compagna fedele nella vita di un architetto Jedi.

Con il sorriso amaro di chi è cosciente che si tratta solo della vittoria di una sola battaglia e non della guerra, il nostro eroe diresse la sua astronave verso una nuova meta, il pianeta DagoBIM in cui poter apprendere nuovi insegnamenti per la sua professione e, allo stesso tempo, affinare le proprie armi per sconfiggere definitivamente l’Impero Galattico dei Formati Proprietari.

Tra vittorie e sconfitte gli anni passarono e ora sul volto del vecchio Jedi appare un’espressione diversa. Il sorriso sul suo viso è quello di chi sa di aver in mano la vittoria: l’Impero Galattico si sta sgretolando, finalmente. Siamo davvero sulla strada giusta. In questo momento bisogna solo continuare, senza dubbi. 

Ma cos’ha reso Roby-Wan così sicuro di vincere?

 

La svolta: Nemetschek e Autodesk si coalizzano

Il 24 aprile 2024 è arrivato un annuncio inaspettato e - oserei direi - storico.

La notizia è stata pubblicata da entrambe le società coinvolte, il gruppo Nemetschek e Autodesk, e la portata di questo accordo ha impattato direttamente sul nostro lavoro e su quelle operazioni quotidiane che facevamo tutti i giorni nei nostri uffici: la barriera che si voleva abbattere riguarda la collaborazione aperta tra i vari settori del mondo delle costruzioni, in modo tale da rendere più efficiente i prodotti cloud e desktop delle due Società.

Sappiamo bene quanto i dati racchiusi all’interno di un modello BIM siano importanti, ma sappiamo anche quanto siano altrettanto inefficaci se non hanno la possibilità di passare liberamente e senza incomprensioni attraverso i vari software e tra le varie figure coinvolte dentro, fuori l’ufficio e in ogni parte del nostro mondo progettuale che, a ben guardare, è uno dei più eterogenei.

L’annuncio, come accennato in precedenza, riguarda il gruppo Nemetschek di cui Graphisoft fa parte e, al suo interno, troviamo citati software come dTwin, Bluebeam Cloud, BIMCloud e BIMplus che sfrutterebbero la condivisione dello sviluppo delle interfacce di programmazione dei software (identificante nel mondo informatico con l’acronimo API) permettendo di collegare i loro dati e funzionalità con le rispettive soluzioni. Ne deriva che i software del gruppo Nemetschek come Archicad, Allplan, Bluebeam, Maxon One e Vectorworks trarranno direttamente dei benefici da questo accordo.

La portata storica di questo annuncio nasce dalla sottolineatura della direzione presa verso l’ottica openBIM di cui il settore ha davvero bisogno, lo possiamo intendere come uno dei cavalli di battaglia del gruppo di cui abbiamo potuto saggiare direttamente la sua implementazione in Archicad.

Questo è il primo mattone che poi permetterà di arrivare un giorno ad avere un ambiente lavorativo in cui i professionisti non saranno vincolati dalla scelta del software o dalla piattaforma utilizzata. La progettazione sarà libera da questo tipo di vincoli rendendo, di fatto, liberi anche gli altri settori collegati alla progettazione.

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Entrambe le società puntano, senza mezzi termini, all’integrazione degli standard industriali aperti di cui si è fatta promotore buildingSMART la quale mira a eliminare i silos che intrappolano i dati in formati di file proprietari e sistemi cloud chiusi. Questo accordo, quindi, non si appoggia a file di interscambio come IFC superando di fatto il suo utilizzo perché l’interscambio avverrà internamente al software.

 

L'avvento dell'interoperabilità e dell'openBIM

Finalmente, dopo anni, il mondo delle costruzioni è stato ascoltato dai produttori di software a cui era stato chiesto di migliorare i flussi di lavoro.

Agli studenti della facoltà di Architettura che, come me, hanno frequentato percorsi accademici alla fine degli anni 90, questo “piccolo” problema di barriere tra software era chiaro e molto forte, al punto che le scelte fatte per imparare un software all’interno del percorso di studi, a prescindere dalla motivazione o dal software stesso scelto, diventavano delle scelte per la vita, quasi dei matrimoni senza possibilità di divorzio. Se dopo 5 anni di attività professionale a un architetto fosse venuto in mente di cambiare il software utilizzato per la progettazione avrebbe dovuto mettere sul piatto della bilancia:

  • Il tempo investito per l’apprendimento del software;
  • La necessità di convertire tutto il lavoro fatto negli ultimi 5 anni;
  • Il nuovo investimento per diventare subito produttivi col nuovo software.

Tutti aspetti che remavano decisamente contro alla scelta di adottare un software diverso da quello usato all’università.

Oltretutto, oggi il panorama software è decisamente più complesso: oltre a tutti i programmi che entrambe le case mettono a disposizione dei progettisti, ci sono anche da tenere in considerazione tutti i nuovi strumenti BIM 2.0 che le varie startup stanno sviluppando e lanciando sul mercato. In un contesto di questo tipo, diventa quindi fondamentale l’adozione della filosofia openBIM di interoperabilità, perché il numero dei dati sta mano a mano aumentando e non possono essere contenuti in silos chiusi, pena una lunga lista di problemi e di discontinuità mentre si lavora.

Tra le righe, possiamo leggere che questo accordo strizza l’occhio a due strumenti che vivono di dati e quindi devono essere interpretabili per definizione: i Digital Twin e l’Intelligenza Artificiale. Il primo perché trasmette i dati dell’edificio esistente a quello virtuale tramite Internet Of Things; il secondo perché i dati sono la fonte di conoscenza che viene convertita dagli algoritmi in acceleratori di attività.

E visto che parliamo di dati, possiamo andare a toccare un altro punto molto interessante nel mondo delle costruzioni che utilizzano strumenti BIM, ovvero quel luogo in cui questi dati sono conservati e resi disponibili agli utenti: il famoso Common Data Environment (o ACDat in Italia) nella sua versione evoluta openCDE.

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Lo sviluppo open del CDE

Direi che il nome non lascia molto spazio alla fantasia e l’idea si spiega da sola, ma è necessario comunque un minimo di approfondimento visto il suo ruolo centrale nella filosofia BIM.

Il CDE, nato intorno al 2007 con la normativa britannica PAS 1192, in cui venivano descritte per la prima volta sia la funzione che struttura basata sulla condivisione dei file (oggi nella ISO 19650) viene eletto come componente centrale del modello informativo.

Oltre alla funzione di comunicazione correlata al progetto, allo scambio di file, modello e commenti, il CDE ha anche compiti di sola visualizzazione e, come obiettivo, quello di essere l’ambiente unico dei dati di progetto e l’archivio di elezione per tutti i lavori svolti.

Ve ne ho parlato in questo articolo sull’importanza dei dati, ma ora vi faccio comunque un breve accenno all’importanza della sicurezza di questi dati. L’ambiente in questione deve avere dei forti criteri di tutela per garantire la privacy e la protezione delle informazioni sensibili, prevenendo adeguatamente la perdita di dati o accessi non autorizzati.

Tornando allo strumento openCDE, la funzione di base è quella di eliminare l’intervento manuale dell’inserimento di dati e asset e trasferire solo le modifiche degli stessi. Oltre all’intuitivo vantaggio di evitare errori materiali dovuti al caricamento manuale di file IFC e/o BCF, il sistema vuole essere anche lo strumento per ottimizzare il volume dei dati stessi ed il loro trasferimento tra i vari punti di accesso e l’ambiente openCDE, cercando di rendere automatico il processo.

Il sistema è simile a quello che abbiamo visto declinato nelle soluzioni che lavorano sullo stesso modello, ma da ambienti diversi, come ad esempio tra Archicad e Twinmotion o il Modello Analitico Strutturale, per citare i primi che mi sono venuti in mente, ed anche in questo caso che, per capirci, vengono trasferite solo le modifiche.

La tecnologia openCDE monitora le modifiche apportate ai dati e, una volta identificate, trasferisce solo quelle senza dover caricare e dichiarare ogni singolo elemento all’interno di un tradizionale CDE. Questa metodologia di trasferimento delle modifiche si presta molto bene a un’altra tipologia di dati che viaggiano all’interno dell’ambiente condiviso, come la gestione delle problematiche dei file BCF.

La nascita di questa tecnologia è dovuta all’iniziativa di buildingSMART International, sinonimo di standard, che permette l’interoperabilità tra i vari settori e software del mondo delle costruzioni. Com’è logico aspettarsi dopo aver letto la prima parte di questo articolo relativamente all’annuncio del gruppo Nemetschek e Autodesk, anche qui si parla di API che, in questo caso, mettono in comunicazione modelli IFC ed i commenti BCF in un formato facilmente comprensibile dalle diverse piattaforme software esistenti.

 

L'era della standardizzazione: affrontare le sfide della nuova tecnologia nel settore delle costruzioni

Il passaggio però a questo nuovo tipo di tecnologia, tuttora in fase di sviluppo, penso non sarà del tutto indolore. Bisognerà, infatti, cercare una standardizzazione tra i diversi software che, come abbiamo potuto desumere, è in pratica superato tra i mondi Nemetschek e Autodesk, ma che dovranno essere affrontati in qualche modo anche dal resto delle piattaforme software.

Oltre ad una probabile gestione diversa della sicurezza dei dati rispetto ad un CDE tradizionale, possiamo aspettarci la necessità di un cambio di mentalità per il suo uso che porta ad un'inevitabile attrito da aggiungere ad un necessario aggiornamento delle competenze per i tecnici da qui a poco tempo.

Skills che dovranno iniziare a diventare comuni a tutti i tecnici del mondo delle costruzioni. L’evoluzione è inevitabile dato che la tecnologia diventa lo strumento fondamentale per il lavoro. Rimanere indietro non è possibile, bisogna tenersi al passo con le novità e gli spunti che esse offrono, mantenendo posizioni mentali aperte anche in questo campo, non solo nel lavoro progettuale di tutti i giorni.

 

 

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