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Storia di un incontro casuale tra un giovane studente e il BIM

Scritto da Mario Napolitano
il 28 ottobre, 2021

Tag: Formazione

"Non so usare AutoCAD". Un’affermazione piuttosto diversa rispetto a quelle di tanti altri miei colleghi che hanno dovuto affrontare varie volte il passaggio a diversi strumenti di progettazione, cartacei o digitali.

Quando racconto la mia esperienza tecnica lato software, mi definisco sempre un architetto nativo BIM. Sono un architetto un po’ diverso dal solito. E se pensate che sia stato più semplice per me imparare, anche qui devo darvi una brutta notizia. Da dove sono partito, quindi? Mettiamoci comodi e iniziamo.

 

Un software anacronistico

La prima volta che ho sentito parlare di un software CAD è stato ancor prima di iniziare la mia formazione universitaria. Ero alla ricerca di un consiglio sulla professione e il CAD mi era stato presentato come un programma capace di compiere miracoli e di far risparmiare ore e ore di disegno a mano.

Purtroppo, mi è bastato solo qualche mese - precisamente al primo esame di progettazione - per ricredermi. Penso che i fattori per il buon esito di un laboratorio progettuale siano due:

  • Seguire le indicazioni dei professori e progettare secondo un giusto criterio logico/creativo;
  • Formare un gruppo organizzato e disciplinato, dove ogni membro ha il suo compito da portare a termine e le sue responsabilità (questo aspetto nella metodologia BIM è fondamentale).

Le capacità non sono mai mancate, ma avevamo poco tempo a disposizione fra una revisione e l’altra. Le continue modifiche progettuali ci portavano a rivedere i nostri piani e a vivere alla giornata, se ci andava bene.

In quel periodo, da buon nerd avevo iniziato a smanettare con SketchUp, software di casa Trimble. Rimasi affascinato dalla sua logica: un modello 3D molto basilare da cui è possibile ricavare i classici elaborati bidimensionali attraverso dei piani di sezione. Fu così che durante i primi utilizzi del CAD mi chiedevo: Com'è possibile che, con le possibilità che ci sono, utilizziamo un programma così anacronistico?

Viva la sincerità e si era portato a casa anche l’esame.

 

A ripetizioni di modellazione 3D

Tramite conoscenze indirette, conobbi uno studente più grande per delle ripetizioni di modellazione 3D. Questa volta il software era Archicad (versione 15). Ma se pensate che con queste ripetizioni utilizzai un approccio più BIM, anche questa volta vi sbagliate, visto che me lo presentarono come un semplice programma di modellazione tridimensionale.

Sta di fatto che dopo i primi modelli pensavo di cavarmela abbastanza bene. Utilizzavo pochissimi comandi - nessun Curtain Wall o Scala, ad esempio - ma mi rimase impresso il sistema di creazione degli oggetti.

Una pagina tutorial di Archiradar mi salvò la vita non poche volte. All'inizio ricreavo due parametri di rotazione attorno agli assi X e Z per qualsiasi oggetto. Così riuscivo a colmare le mie lacune di modellazione e il risultato finale era ottimo, per l’epoca.

Poi rimasi colpito dalla scoperta dei parametri, e in particolare dal linguaggio GDL con il suo sistema di scrittura di un oggetto. Archicad ai miei occhi non era più un semplice modellatore 3D, anche se ancora non avevo un’idea precisa di tutto il mondo BIM. Naturalmente, la mia curiosità non si fermò lì.

Sono sempre stato affascinato dalla visualizzazione artistica. Ricordate Artlantis e il suo plug-in per Archicad? Diciamo che ho trascorso un bel po’ di ore lì sopra, e all’epoca quella connessione non sembrava affatto male. Un altro punto cardine del BIM che mi colpì è l’interoperabilità. Seppur a piccoli passi il mio bagaglio aumentava sempre di più.

render-modello-archicad

Primo modello BIM Archicad renderizzato con il plug-in per Artlantis - Archicad 16 secondo anno università.

 

Approfondire la metodologia BIM

Andiamo un po’ avanti con gli anni, perché è proprio nel corso dell’ultimo periodo universitario, fra analisi illuminotecniche e abachi per eseguire computi metrici e calcoli energetici, che ho finalmente compreso l’abisso che esiste fra un software CAD e la metodologia BIM.

La potenza era lì, anche se ancora non comprendevo concetti come modello centrale/federato e interoperabilità multidisciplinare. La scintilla scoppiò durante l’ultimo laboratorio, quando iniziai a saggiare le prime potenzialità fra Grasshopper e Archicad.

Maneggiare liste e dati su ambiente algoritmico mi diede quella spinta e curiosità in più per approfondire il tema della metodologia BIM nella tesi di Laurea Magistrale e nel Master in BIM Manager successivo. Un elaborato finale dove geometria, dato informativo, parametri e automazione erano i cardini di un ciclo completo fra i due ambienti di progettazione. Ma di questo vi racconterò in un prossimo articolo.

modello-bim-6d

Modello BIM 6D realizzato tramite il plug-in Grasshopper-Archicad Live Connection - Archicad 20 Tesi di Laurea Magistrale.

 

Come si cresce nel mondo BIM

Oggi non si può più fare una distinzione fra un metodo BIM e non, o peggio ancora tra un progetto BIM e uno non BIM. Piuttosto, si dovrebbe parlare di diversi Scope of Work, o BIM Scope, senza mettere in discussione se “fare CAD o BIM”. Non si tratta più del futuro, il BIM è il presente e oggi è il momento migliore per formarsi durante questa fase di transizione. Fra qualche anno sarà troppo tardi. Magari qualche collega riuscirà a salvarsi, ma la maggior parte dovrà per forza adeguarsi.

Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.

È una frase di Winston Churchill che porto sempre con me e che cerco di applicare in ogni ambito della mia vita. Ovviamente ora vi starete chiedendo quale strada seguire per arrivare in poco tempo ad avere una buona padronanza dei software BIM e dei vari processi. Se dovessi dare un consiglio, che ovviamente non vi faccia impiegare quasi 10 anni come il sottoscritto, vi direi di essere sempre curiosi.

Ricercate una skill, un comando, un processo, una nozione che possa farvi migliorare. Spingetevi nei meandri di Archicad (non sostituitevi al manuale ufficiale, però) fino ad avere un ampia panoramica su ciò che è possibile o meno fare e, soprattutto, su ciò che va fatto a seconda delle vostre esigenze. 

È qui che spesso si rischia di cadere nell’errore. Come, ad esempio, pensare di essere degli ottimi modellatori ma trascurare completamente la parte gestionale o le dinamiche che sono alla base di un software così complesso. O ancora, fermarsi a un determinato livello di competenze, pensando che quello sia il limite del software (o forse i nostri limiti?) senza voler intravedere cosa ci può essere e cosa si può fare di più in un processo che fa dell’automatizzazione, della standardizzazione e della condivisione i suoi pilastri portanti.

Mi piace sempre far riferimento alla filosofia giapponese volta al miglioramento continuo: pianifica, applica, verifica, implementa… e per restare in ottica BIM, aggiungerei: automatizza e replica. 

Che il metodo BIM sia con voi.

 

 

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