Tag: Passare al BIM
Se sei un professionista del settore e almeno una volta hai avvertito quell'irrefrenabile impulso di tornare a usare il CAD, mettiti comodo. In questo articolo affrontiamo il dilemma di chi si trova diviso tra vecchie e nuove metodologie, riflettendo sul potenziale del BIM e sull'importanza di affidarsi a questa filosofia.
Immagina questa tipica scena cinematografica: un gruppo di persone di ogni età, provenienza e sesso, è seduto a cerchio e condividono le loro esperienze. Ti dice qualcosa? Sto immaginando il tipico scenario televisivo di una riunione degli alcolisti anonimi, ma qui non parliamo di loro. Parlerei piuttosto di un incontro degli Architetti Anonimi, come l'ho ribattezzato io: una ristretta cerchia di architetti liberi professionisti che hanno digitalizzato il loro studio a dovere e hanno abbracciato tutte le nuove tecnologie per la progettazione, come ad esempio il BIM.
Sembrano essere sulla retta via, ma se sono presenti a un incontro del genere, vuol dire che in qualche modo sono inciampati e cercano una soluzione che li faccia sentire al sicuro. Sono certo che ormai hai capito di cosa sto parlando: architetti che si affidano al BIM, ma che talvolta non resistono alla tentazione del CAD.
Uno spazio di condivisione tra architetti
Quando questi professionisti si incontrano in occasioni informali, condividono spesso le loro esperienze nel settore delle costruzioni, affrontando sia i successi che le difficoltà comuni. Questi racconti riguardando le classiche sfide di settore: dalle epiche battaglie con le Amministrazioni Comunali alla risoluzione di enigmi di progettazione, senza dimenticare le divertenti situazioni vissute in cantiere
Tra un racconto e l'altro, talvolta emerge il tema della tecnologia nel nostro settore: senza neanche dibattere su pro o contro di una sistema operativo o l’altro, si parla piuttosto di chi è salito sul treno del BIM e di chi lo osserva da lontano, per i più svariati motivi.
Troppo spesso mi capita di assistere a questi momenti e, credimi, quando si toccano certi argomenti, devo ammettere che i sorrisi sono rari. Di solito questi incontri, che amo definire degli Architetti Anonimi, avvengono sempre dopo due fasi distinte della chiacchierata di conoscenza.
Fase 1: benefici apparenti del CAD
Questa prima parte dell’incontro è incentrata sulla resistenza: i professionisti che usano il CAD nella loro professione decantano i motivi delle loro scelte, con affermazioni a volte che ricordano il tifo da stadio. Apprezzano la flessibilità e velocità del CAD, la sua facilità d'uso (perché assomiglia al tecnigrafo) e quanto li spinga a sfruttarlo al massimo per mettere a frutto il tempo e il denaro investito per imparare questo strumento.
Normalmente noi, e con noi intendo i professionisti che sono passati al BIM dopo aver lavorato con il CAD, non ci lasciamo coinvolgere da questa sfegatata tifoseria. Ascoltiamo tranquilli, annuendo e lasciando che ci venga raccontato l'ennesimo motivo della scelta fatta, come se non avessimo mai usato il CAD e non avessimo mai pensato a qualcosa del genere. A differenza nostra, i BIMer probabilmente stanno ad ascoltare con lo stesso spirito di chi ascolta un nonno mentre racconta come si facevano le cose una volta.
Non è del tutto chiaro il motivo, ma a un certo punto, sembra che la forza delle proprie argomentazioni perda vigore: queste dichiarazioni assolute cedono il passo alle vulnerabilità della filosofia CAD, e inevitabilmente iniziano le domande sul BIM, che spaziano da quelle più curiose a quelle più interessate. Entriamo così nella seconda fase.
Fase 2: spiccata curiosità verso il BIM
Non ho mai capito se si tratti di ammirazione o celata sfida intellettuale, ma poco importa. Ci sono tanti tipi di domande:
- Domande di sfida per paragonare le due filosofie;
- Domande sulla formazione e sui tempi necessari per essere produttivi;
- E domande relative ai punti di forza del BIM.
Tutte trovano spesso risposta in suggerimenti sui passaggi necessari per adottare la filosofia BIM, consigli che sottolineano quei vantaggi che ci hanno aiutato a lasciare la filosofia del CAD.
A volte il CAD ritorna
Chiarito il tipo di atmosfera che si crea durante questi incontri, puoi immaginare che spesso gli utenti BIM vengano visti un po’ come chi ce l’ha fatta. Questo è personalmente ciò che non voglio ottenere, innanzitutto perché non è vero. Siamo tutti professionisti, anche se con condizioni di contesto diverse, ma non per questo da classificare: siamo tutti nella stessa barca ad affrontare questa fase di transizione, che non è facile per nessuno.
Ora, essendo ad un incontro degli Architetti Anonimi, la regola base è quella di parlare delle proprie esperienze personali. Prendo quindi il mio bicchiere di tè e mi sporgo un po’ in avanti con un sospiro, guardano verso il pavimento per cercare di concentrarmi senza incrociare lo sguardo di nessuno e raccogliere le forze per poter raccontare questa esperienza di ricaduta, contando sull'empatia degli altri partecipanti di questa riunione di Architetti Anonimi.
Capita così che nel lavoro di libero professionista, come nel caso del nostro Robi-Wan, nascano situazioni un po’ particolari, in cui si collabora con altri professionisti Jedi per colmare il naturale andamento sinusoidale dei lavori, o per sopravvivere a situazioni come i cambi di normativa dei bonus edilizi. Questa avventura che sto per raccontarti, partita come sempre con le migliori intenzioni, ha lasciato terreno fertile per sferrare un poderoso colpo da parte di CAD-Vader.
Il progetto da affrontare, una variante in corso d’opera con S.C.I.A. alternativa al P. di C. ai sensi dell’art. 23 del T.U.E., riguardava un lotto di sei case a schiera di tre piani fuori terra, in cui essenzialmente si andava a recuperare una parte di sottotetto ai fini abitativi. Oltre alle verifiche urbanistiche, tramite computi e dimostrazioni impostate rigorosamente in un campo di testo, come avrei scoperto poi, le modifiche interne dal punto di vista delle piante architettoniche erano minime. Il lavoro si prospettava davvero molto semplice dal punto di vista grafico: peccato che i file di lavoro arrivati fossero in formato dwg.
Capita l’entità del lavoro da svolgere Robi-Wan, seduto da solo nel suo ufficio, iniziò a valuare l’approccio da adottare. In quel momento, quasi impercettibilmente, percepì il respiro metallico di CAD-Vader farsi sempre più presente con il trascorrere dei minuti. La valutazione dei costi-benefici nella sua mente lasciò il posto al lato oscuro della forza che, promettendo maggiore velocità di esecuzione soprattutto con tutto già impostato al CAD, convinse il nostro Jedi. Lui non poteva saperlo, ma questa scelta (errata) alla fine avrà un risvolto positivo e, una volta superato il senso di colpa per l’accaduto, lo aiuterà a trovare l’equilibrio della forza.
Nel momento in cui tornò ad utilizzare il CAD, Robi-Wan avvertì la mano rivestita dal guanto nero di CAD-Vader appoggiata sulla spalla. Già questo fu sufficiente a farlo pentire della scelta fatta.
Quota the Hutt: come il BIM avrebbe aiutato
Ognuno di noi per lavorare al meglio adotta uno stile personale che si riflette nel proprio template, e anche Robi-Wan fa lo stesso. C'è solo una piccola differenza tra i template del CAD e del BIM, tanto sottile da essere facilmente dimenticata nella valutazione raccontata sopra, ma tanto importante da presentarsi in modo imponente non appena si inizia a lavorare: la gestione delle unità di misura.
Robi-Wan preferisce lavorare con le unità di misura impostata in centimetri, scelta basata sulle profonde radici del suo passato percorso di digitalizzazione e le cui motivazioni si sono perse nel tempo, il che dice molto sulla sua lunga esperienza. Le ragioni della scelta dell’unità di misura di progetto erano ormai un’informazione superflua dato che in Archicad il passaggio da un’unità di misura all’altra avviene in modo praticamente trasparente: per farlo ti basta agire opportunamente sui relativi valori della finestra di dialogo, raggiungibile seguendo il menu in Opzioni > Preferenze Progetto > Unità di Lavoro.
Altrettanto banale è l'operazione per cambiare la scala del disegno: usa il menu a comparsa Scala dalla barra Opzioni Veloci alla base della finestra del modello di Archicad, con le quote che cambiano dimensione automaticamente in base alla scala selezionata.
Non si può dire lo stesso del lavoro col CAD. Quest'affermazione è da tenere bene a mente quando facciamo la valutazione costi-benefici, ed è quanto avrebbe dovuto fare anche il nostro Robi-Wan. Il formato dwg in questione era impostato con le unità di misura in metri e non in centimetri, giusto per iniziare col piede giusto. Per risolvere questo problema, è stato necessario selezionare l'intero disegno e applicare un fattore di scala di 100. Con il disegno in centimetri, ho selezionato tutte le quote ed ho applicato il mio personale stile di quota.
Fin qui tutto sembra procedere senza intoppi, se ignoriamo il fatto che tutte le linee diverse da quelle con stile a linea continua devono essere editate manualmente per uniformare il loro fattore di scala con la nuova scala del disegno. Ora gli intoppi ci sono eccome, e sono facilmente riconoscibili grazie alla risata compiaciuta di CAD-Wader mentre si allontana alla ricerca di qualche altro professionista da rallentare.
Risultò così che molte delle quote in questione erano state editate localmente. Molte, se non quasi tutte: ne sono state risparmiate solo una decina su oltre 470. Probabilmente l’autore di quel disegno ha preferito l’editing locale della cifra della quota piuttosto che sfruttare il fattore di arrotondamento: il danno era fatto, si trattava solo di ridurlo al minimo. Il danno, tra l'altro, era piuttosto insidioso: infatti, all'inizio non me ne sarei accorto se non avessi scalato il disegno. Facendo così, il testo della misura della quota mantiene la modifica locale del testo, facilmente individuabile dal punto che separava i metri dai decimetri. In pratica, invece di mostrare 350 come avrebbe dovuto una volta scalato il disegno, rimaneva il testo 3.50 che era stato editato perché la distanza reale era 348 cm. Si è preferito editare la quota piuttosto che mettere il muro alla distanza vettoriale giusta. A questo punto si trattava di editare a mia volta tutte le quote localmente per togliere il punto, o anche lo zero nel caso la misura della quota fosse inferiore al metro. Per ogni muro, per ogni ambiente, per ogni piano.
Cosa avrebbe potuto fare il nostro Robi-Wan al posto di cadere nelle maglie del lato oscuro della forza? Trattandosi di un progetto comunale, senza alcun tipo di dettaglio architettonico da seguire, avrebbe potuto creare il modello tridimensionale lucidando semplicemente i muri, importando il dwg col metodo Impatto zero e sfruttarlo come base, facilitato anche dal fatto che in progetto erano presenti solo tre spessori di muro. Per ottenere lo stesso aspetto grafico dei muri sezionati della pianta di partenza sarebbe bastata una semplice variante dell’impostazione grafica dei muri sezionati di colore nero, entrambi soluzioni di Luca Manelli.
E come lo sistemiamo Quota the Hutt? Ricorrendo a due semplici comandi Jedi che risolvono la questione con pochi click: richiamando il comando Quotatura Esterni e Quotatura Interni, entrambi nel menu Documento > Annotazione > Quotata Automatica
Con questi passaggi Robi-Wan avrebbe ottenuto un modello tridimensionale semplificato aderente al livello d’uso 1 del BIM, che gli avrebbe consentito di:
- Avere facilmente molti dati tramite l’utilizzo del Timbro Zona;
- Sfruttare il modello per i prospetti e le sezioni senza fare altro;
- Calcolare l’altezza media dei sottotetti con le Espressioni e calcolare i rapporti aeroilluminanti.
Tutto ciò in modo automatico, senza ricorrere a fogli di calcolo, calcolatrici (digitali o analogiche) o andare ad editare campi di testo. La forza sarebbe stato con lui: il computer avrebbe lavorato al suo posto e il processo sarebbe stato completamente digitale.
I benefici della filosofia BIM
A incontro finito ognuno è libero di andare per la sua strada. Qual'è la lezione? Che non siamo soli.
Il BIM non è un sistema rigido: è un metodo di lavoro flessibile che, con il giusto supporto, può integrarsi perfettamente nei nostri processi. Il BIM non deve essere un ostacolo, ma un alleato: noi architetti dobbiamo imparare a fidarci di questa tecnologia, anche nei momenti in cui sembra che qualcuno col respiro metallico ci trattenga e non ci permetta di progredire.
A fine serata, ci siamo salutati con una promessa: la prossima volta che sentiremo il bisogno di aprire il CAD, ci fermeremo un attimo a riflettere su cosa possiamo fare con il BIM. E se avremo bisogno di supporto, ricorderemo quella serata e i nostri colleghi Jedi, ciascuno impegnato a migliorarsi gradualmente, giorno dopo giorno.
In fin dei conti, a volte è sufficiente un messaggio o una telefonata, e le risposte arrivano.