BIM

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BIM: il Processo Evolutivo Digitale del Settore delle Costruzioni

Scritto da Mario Napolitano
il 19 settembre, 2022

Tag: Passare al BIM

La metodologia BIM fa sempre più parte della nostra pratica quotidiana di progettisti. Con il passare del tempo si inizia a percepire un’evoluzione dei professionisti verso questo nuovo modo di fare architettura.

Eppure, nonostante i vari articoli che si trovano su internet o i report che annualmente vengono pubblicati e che demarcano una diffusione positiva del BIM, mi sento di fare un passo indietro dicendo che non è tutto oro quel che luccica.  Un esempio è stata la gestione del Superbonus, che avrebbe consentito di diffondere su una più ampia scala la metodologia - o almeno un utilizzo più approfondito - degli strumenti di Authoring. Oltre ovviamente ad avere una restituzione di modelli informativi che avrebbero rappresentato una solida base per sviluppare una mappatura digitale del nostro territorio, magari per una prima digitalizzazione del Catasto

Su una scala molto più ridotta, invece, sono ancora molti gli studi di progettazione ancorati al sistema CAD, come ce ne sono tanti altri che pensano di fare BIM semplicemente installando un software di Authoring. Ancora, ci sono grandi studi bravissimi nelle campagne di marketing e sensibilizzazione del BIM ma che in fin dei conti si riducono a poco più di un modello esportato in IFC, tralasciando tutto ciò che vi è prima e dopo di esso.

Cosa fare, dunque, per superare il divario che ci separa da una corretta adozione del BIM? In questo articolo proverò a fare una riflessione personale su quale possa essere il processo evolutivo di un progettista nei confronti dell’introduzione del BIM nel settore delle costruzioni.

 

Qual è il significato di BIM?

Personalmente, ho perso il conto delle parole che vengono accostante al BIM: processo, ciclo vita, collaborazione, interoperabilità, modello, informazioni e tutte le altre che ormai conosciamo più che bene. Non è un caso che il concetto di BIM non sia unico ma venga declinato in maniera differente da persona a persona. Ad oggi, infatti, non esiste un suo significato univoco, anche se la ISO 19650 ha come obiettivo proprio questo. Prendiamo ad esempio alcune delle più diffuse definizioni del BIM che riporto di seguito:

  • Il BIM è un processo per creare e gestire le informazioni di un progetto di costruzione durante il suo intero ciclo di vita. [NBS - National Building Specification];
  • Il Building Information Modeling (BIM) è una rappresentazione digitale delle caratteristiche fisiche e funzionali di un bene. [buildingSMART International];
  • Il BIM è lo sviluppo e l'utilizzo di un modello di dati software multiforme per documentare non solo il progetto di un edificio, ma anche per simulare la contrazione e il funzionamento di un nuovo bene o di un bene ricapitalizzato. [AIA - American Institute of Architects];

Organismi internazionali che intendono la metodologia secondo un proprio pensiero, mettendo più o meno in evidenza le stesse parole che qualche riga fa sono state accostate al BIM. Anche se ormai siamo tutti abituati a definirlo come Building Information Modeling, anche l’acronimo BIM nel corso del tempo ha assunto differenti declinazioni di cui si riportano di seguito le principali:

  • Building Information Modeling;
  • Building Information Model;
  • Building Information Management;
  • Beyond Information Models.
7-4

Fonte: https://www.archicted.com/#home-blog]

Di particolare interesse per me è sempre stata l’ultima definizione, Beyond Information Models. Normalmente siamo abituati a dare molta importanza alla lettera I, visto che le informazioni sono uno dei punti fondamentali su cui si basa l’intera metodologia, con qualche particolarità del caso per la lettera M, spesso accostata più alla gestione delle informazioni che alla mera modellazione, che sia geometrica o informativa.

Nel quarto caso, invece, la B pone l’accento su un concetto che va oltre l’edificio, oltre i modelli stessi, le loro informazioni e tutto ciò su cui di solito poniamo l’attenzione: descrive una concezione in cui non si fa riferimento a un semplice software o processo, ma a un ampio sistema in grado di portare nel corso degli anni cambiamento e innovazione nel settore delle costruzioni. Il BIM migliorerebbe non solo il flusso progettuale, costruttivo e gestionale, ma anche la sfera sociale, economica e ambientale delle persone e del loro modo di relazionarsi con le città.

Un significato intrinseco che va oltre tutto ciò che ancora non abbiamo raggiunto e sperimentato con la metodologia BIM. Un qualcosa che su una così larga scala assume un significato di più ampio respiro. A mio modo di vedere risulta indispensabile capire qual è il significato che ognuno di noi da personalmente al BIM. 

Capire questo è strettamente legato al perché si vuole apportare un cambiamento al proprio modo di lavorare, che in molti casi fa parte del nostro stile di vita. Scrittore e consulente di marketing, Simon Sinek nel suo libro più famoso scrive non conta che cosa fate, ma perché lo fate. Il libro, che ho letto non molto tempo fa, si intitola Partire dal perché

Ad esempio, perché ho fatto del BIM la mia professione? Perché lo considero più che una metodologia, un processo evolutivo della professione stessa e del modo in cui ci rapporteremo con i nostri clienti, e di conseguenza con il nostro ambiente urbano. Affascinato sin da bambino dalla tecnologia, ho compreso come la cultura del cambiamento sia sempre stata una parte fondamentale della mia persona. 

Allo stesso modo sono rimasto affascinato da quello che il BIM ha la potenzialità di restituire alla nostra professione di architetti: un’architettura digitale inclusiva.

 

Architetti in evoluzione

In un processo evolutivo non tutto procede sempre per il meglio, la natura per quanto perfetta agisce anch’essa per tentativi e fallimenti. L’evoluzione non può essere assimilabile a un processo lineare, bensì a un continuo susseguirsi di prove e miglioramenti. L'evoluzione è tale nei processi della natura e anche nella nostra professione.

8-2Invenzione della prospettiva centrale da parte di Brunelleschi.

Facciamo un passo indietro con alcune delle più importanti scoperte e rivoluzioni tecniche del nostro settore. Le proiezioni ortogonali, che utilizziamo per descrivere i nostri edifici con planimetrie, sezioni e prospetti, sono state definite nel XVIII secolo d.C. da Gaspard Monge come il metodo della doppia proiezione ortogonale. Metodo che ancora oggi viene studiato nel corso dei percorsi universitari da giovani architetti. Eppure la geometria descrittiva e l’utilizzo di, seppur rudimentali, sistemi di rappresentazioni delle proiezioni ortogonali, venivano già utilizzati da Egizi, Greci e Romani. 

O ancora, la stessa rappresentazione tridimensionale, oggi tanto diffusa. Sappiamo che nel XV secolo d.C. Brunelleschi definisce le regole per la prospettiva centrale mentre Leonardo Da Vinci definisce la prospettiva aerea. Due tecniche per due tipologie di rappresentazioni nelle tre dimensioni, che però erano già state teorizzate secoli prima: per l’esattezza nel I secolo a.C. da Vitruvio nel De Arquitectura, che introdusse la scenographia, una rappresentazione frontale con suggestioni a tre dimensioni.

Invenzioni e scoperte che non sempre sono state accolte immediatamente nella pratica quotidiana. Spesso il tempo deve comunque fare il suo corso naturale affinché un cambiamento entri nelle nostre abitudini e nel nostro modo di agire.

 

La curva dell’innovazione

Nel campo tecnologico siamo abituati ormai a veloci cambiamenti. Basti pensare ai personal computer o agli smartphone, ai fax o alle email, al CAD o al BIM.

Cosa decreta, però, il successo di un prodotto rispetto a un altro? O per meglio dire, la sua diffusione e utilizzo in un mercato sempre più in continua espansione?

Il what if anglosassone risulta particolarmente incisivo in questi casi. La vicenda Blockbuster-Netflix è forse uno degli esempi più significativi per comprendere la visione d’insieme dell’innovazione in campo tecnologico. Il punto d’incontro nella storia dei due colossi del videonoleggio fisico e digitale ha portato conseguenze fra loro agli antipodi. Verso l’inizio del nuovo millennio, Blockbuster era conosciuta come l’azienda leader mondiale del settore con un fatturato annuo di oltre 400 milioni di dollari a differenza di Netflix, all’epoca neonata su un mercato ancora prettamente fisico, lontano dal trarre i benefici della banda larga. 

Con una visione ben ancorata nella propria persona, Reed Hastings, fondatore di Netflix, propose al fondatore di Blockbuster, John Antioco, l’acquisizione della sua azienda per instaurare una sinergia funzionale fra le due e poter traghettare Blockbuster verso un’era digitale. Ovviamente salvando anche l’azienda di Hastings che in quei tempi avversi non era così solida come lo è adesso.

Opportunità, non si parla di altro. Il rischio è conseguente a ogni nostra azione ma sta a noi assumercene la responsabilità nel bene e nel male, oltre che trarne insegnamento. Che si cambi o meno, che si voglia andare incontro a un opportunità oppure no. Oggi, Netflix fattura trenta miliardi, contro i sei di Blockbuster nel 2013, anno del in cui dichiarava fallimento. 

Se paragoniamo questa vicenda al CAD e al BIM sicuramente possiamo trovare dei punti in comune. A maggior ragione quando anche un semplice software rappresenta il mezzo indispensabile attraverso cui traiamo profitto. Non avendo vissuto il periodo di transizione dal tecnigrafo al CAD non posso parlare per esperienza, ma la rete di professionisti con cui ormai collaboro e interagisco conferma che chi non si è adattato al cambiamento è rimasto schiacciato dalla concorrenza sempre più efficiente e produttiva.

9-2Curva dell’innovazione di Rogers interpretata da Moore.

Il grafico descrive la curva dell’innovazione, un modello usato per illustrare il modo in cui l'innovazione viene adottata da differenti classi di individui in un sistema sociale. Ideata da Everett Rogers, distingue cinque categorie di utilizzatori: gli innovatori, gli utilizzatori precoci, la maggioranza iniziale e tardiva e i ritardatari. Con una lettura veloce è possibile capire che aspettare la diffusione di un prodotto non risulta una tattica vincente.

Non a caso i ritardatari si potrebbero trovare in una prospettiva di rincorsa verso concorrenti che già in tempi precedenti si sono conformati all’utilizzo del prodotto stesso. Attendere, quindi, la piena diffusione del BIM sul territorio rischierebbe di tagliare fuori dal mercato chiunque abbia adottato questa soluzione.

Lo stesso modello è stato poi ampiamente ripreso e rivisto da autori come per esempio il famoso Seth Godin oltre che Geoffrey Moore nel suo libro Crossing the Chasm. L’autore riprende la teoria di Rogers, sostenendo l’esistenza di un abisso o baratro - in inglese chasm - cioè un ostacolo che impedisce a molti prodotti o innovazioni di essere adottati dalle masse e di avere successo nel mercato, e che separa gli utilizzatori precoci dalla maggioranza iniziale.

 

Affrontare il cambiamento

Cosa si cela dietro l’abisso che non permette questo salto? Perché nonostante i vari decreti, norme internazionali, campagne di divulgazione siamo ancora in una fase di stallo con il BIM?

La definizione di cambiamento nella sua forma più originale ci può aiutare a comprendere le cause di questo ostacolo molto difficile da superare. Il termine cambiamento indica un mutamento, una trasformazione che prima o poi prenderà parte della vita di ognuno di noi sotto forma di scelta o decisione, proprio come ironizzato nella vignetta in basso.

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In psicologia, la paura del cambiamento viene anche definita come metathesiofobia ed è scaturita principalmente da alcune cause che cercherò di contestualizzare rispetto al settore delle costruzioni:

  • Ansia per l’ignoto, ovvero difficoltà di porsi degli obbiettivi al di fuori della propria comfort zone, capace di infonderci tranquillità e linearità, specialmente con flussi di lavoro CAD che, seppur anacronistici, risultano consolidati ed erroneamente considerati efficienti rispetto alle relative tempistiche progettuali;
  • Ansia delle aspettative: aspetto per cui riuscire nei nostri obbiettivi è ritenuto quasi un dovere, tanto che, il parere puntuale o generale può farci dubitare delle nostre decisioni. Banalmente, quando ci si approccia alla metodologia BIM si pensa ad un ecosistema formato da un numero spropositato di applicativi e software da dover integrare all’interno del proprio studio: Model Checking, software di diverse dimensioni BIM, CDE e via dicendo. Vi è un’aspettativa anche per quanto riguarda le figure professionali BIM che vengono ritenute indispensabili ed obbligatoriamente necessarie per implementare a pieno la metodologia;
  • Autocritica: la critica che si rivolge a se stessi è tanto ampia da fermare la decisione ancor prima di provare, a causa di un possibile futuro fallimento. Le comuni affermazioni sono Il BIM non fa per il nostro studio oppure Non siamo ancora pronti per effettuare il passaggio;
  • Paura del successo, ovvero il terrore di poter aver successo nei propri obbiettivi, che porterebbero a un possibile radicale cambiamento nella vita di tutti i giorni, nei rapporti interpersonali ed intrapersonali. 

Non è un caso se il grafico comunemente usato in psicologia per descrivere l’andamento emotivo del cambiamento prevede diversi scenari in base a come l’individuo reagisce nel corso del tempo. Dinamiche che, nonostante si parli di BIM e architettura, possono essere benissimo calate nella nostra pratica quotidiana.

10-2In psicologia rappresentazione della curva dell’andamento emotivo del cambiamento.

 

La Zona di Comfort è un ostacolo?

Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.

La famosa citazione di Winston Churchill, mette in evidenza la presa di coscienza di un’azione per attuare un cambiamento come unico modo possibile poter raggiungere un risultato positivo. Trovato il problema che non consente di superare l’abisso del grafico dell’innovazione di Rogers proviamo a fare un ultimo ragionamento sulla causa del problema stesso.

La Zona di Comfort può essere definita come quella condizione mentale in cui si prova un senso di familiarità e protezione, nel pieno controllo di chi siamo e di cosa stiamo facendo, a noi conosciuto e che non produce ansia o stress. Un luogo protetto eppure facilmente condizionabile da fattori interni e soprattutto esterni. 

Molto probabilmente fino agli eventi causati dal Coronavirus era pensiero comune che la Zona di Comfort potesse essere indistruttibile da tutto ciò che era al di fuori del nostro controllo. Eppure, come per tante aziende che si sono trovate sul lastrico durante la crisi pandemica, lo stesso processo potrebbe avvenire nel settore delle costruzioni. Di seguito ho provato a immaginare alcune delle possibili cause:

  • Obbligatorietà stringente da parte delle future normative nazionali. A seguito dell’ultimo DM 312/2021 l’obbligatorietà del BIM, inteso nella norma come strumenti elettronici, potrebbe comunque subire una variazione nei prossimi aggiornamenti della normativa. Tenendo sempre a mente che il 2025 è molto più vicino di quanto non si creda;
  • Collaborazioni BIM sempre più frequenti, dove tramite l’utilizzo di formati aperti e la progettazione di modelli informativi tridimensionali in rari casi si accetterà di fare un passo indietro anche tramite un semplice scambio di formati proprietari bidimensionali;
  • Dismissione di servizi come il formato .dwg comune alla maggior parte dei software CAD. Scenario probabile se si fa riferimento anche a tutte le problematiche inerenti al versioning e alla retrocompatibilità che i formati aperti come .pdf e .ifc stanno cercando di risolvere;
  • Settore privato che, sulla scia di quello pubblico, potrebbe essere sempre più incline a richiedere l’utilizzo della metodologia BIM e la consegna di un modello informativo utilizzabile come Digital Twin nella fase di esercizio del bene.

12Perdita d’efficacia della Zona di Comfort in relazione alle interferenze esterne

 

Uscire dalla Zona di Comfort

In nostro aiuto viene un altro modello del campo psicologico attraverso cui è possibile comprendere come raggiungere una Zona di Crescita personale e professionale. Una cultura positiva del fallimento è necessaria per poter raggiungere i propri obiettivi e le proprie ambizioni, compresa l’implementazione BIM e la propria visione dello studio di progettazione da qui al medio e lungo termine. Un aspetto che non va inteso nel suo senso più banale, bensì come occasione e opportunità che possono restituire, nel peggiore dei casi, un feedback per migliorare oppure, nel migliore dei casi, il risultato desiderato.

In fondo bisogna ricordarsi che qualsiasi competenza è data dalla somma della conoscenza e dell’esperienza.

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Modello della Growth Zone suddiviso nei suoi 4 campi principali.

 

Da dove (ri)partire

Tralasciando l’ambiguità italiana, burocratica e normativa, sull’adozione o meno del BIM, bisognerebbe ragionare su questa generale inadeguatezza, oltre che le sue relative giustificazioni, a seguito di un’innovazione tecnologica sempre più incalzante e dei cambiamenti climatici, sociali ed economici che toccano la nostra società.

A fronte di una professione a tutto tondo e in qualità di architetti, o più in generale di progettisti, siamo chiamati a rispondere a tutto ciò con le nostre competenze e con un forte senso di responsabilità verso il grande contributo che possiamo fornire, magari con tutti gli aiuti aggiuntivi e i benefici che un processo evolutivo digitale come il BIM potrebbe fornirci sempre di più.

 

 


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