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BIM: due generazioni di Architetti a confronto - pt. 1

Scritto da Matteo Di Filippo
il 11 luglio, 2022

Tag: Approfondimenti

Il BIM è una cosa da giovani!

Questa affermazione mi ha spesso lasciato perplesso, fin quando non ho capito che mi fermavo a un significato superficiale. Superando la dimensione anagrafica, un atteggiamento "da giovani" è quello che apre le porte a un cambiamento, a occasioni di studio e di ricerca: è voglia di fare, di crescere e migliorare.

 

Un dialogo sul BIM da padre a figlio

Come anticipato nella puntata del podcast Educare a una maggiore consapevolezza del BIM, approdare sulle rive del nostro caro Archicad è stata la conseguenza implicita e non preventivata di un “giovane” architetto con cui avremo il piacere di dialogare in questo articolo: mio padre.

Ebbene sì, ho visto per la prima volta Archicad quando non sapevo ancora leggere e scrivere, su un monitor immenso a tubo catodico, che sembrava piegare la scrivania sotto il suo peso. Già da bambino, vedere delle simulazioni digitali di edifici, che avrei imparato a chiamare progetti, con ambientazioni tridimensionali e con la possibilità di “volarci attorno” mi incuriosiva incredibilmente. Ricordo che la domanda che mi ripetevo continuamente era: ma come ha fatto a fare tutte queste cose dentro al computer?

Molti anni dopo (noncurante degli avvertimenti paterni) mi sono iscritto al Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura. Primo semestre: nessuna traccia del fatidico mondo tridimensionale, solo disegni a mano e CAD. Scontento della mole di lavoro e dei processi macchinosi del disegno 2D, e supportato da una buona dose di pigrizia nei confronti di operazioni che possono essere svolte dai calcolatori, ho tirato fuori l’argomento con mio padre. Finalmente quel programma che avevo visto tante volte aveva un nome: Archicad. Per la prima volta, ho sentito parlare di BIM.

Ed eccoci qua, qualche anno più tardi a ripercorrere le dinamiche che ci hanno portato a scegliere di lavorare con gli strumenti e con le metodologie di cui oggi parleremo direttamente con te, papà. Ti lascio volentieri la parola per raccontarci come sei arrivato ad essere un architetto libero professionista, titolare del tuo studio a Teramo.

 

Mario Di Filippo e i primi passi nella tecnologia

Ciao Matteo, nonostante la mia ripetuta ritrosia, alla fine sei riuscito a tirami dentro questa piacevole chiacchierata tra giovani e diversamente giovani. Io ho fatto una scelta di campo già da adolescente: ero affascinato dal mondo del fare con la propria mente e con le proprie mani, di realizzare, di costruire, di riparare e di trovare nuove alternative alle esperienze maturate.

Ero impaziente di arrivare nel mondo del lavoro nel più breve tempo possibile. La scelta del percorso di studi è stata semplice: Istituto Tecnico per Geometri, che in cinque anni abilita all’esercizio della professione, quindi entrare in campo come disegnatore, in studi di ingegneria/architettura (dove si respirava l’aria della progettazione, del cantiere, degli aggiustamenti in corso d’opera e dei rapporti con la committenza) e al contempo ampliare e approfondire conoscenze e competenze, proseguendo il percorso di formazione. L'ho fatto presso la facoltà di Architettura dell'Università G. D’Annunzio di Pescara. Lavorare e studiare, esperienza e teoria.

Ai miei tempi (gli anni ’70!) ci si esprimeva con la carta, la matita e la gomma, il compasso, le squadrette, il tecnigrafo, la china, il lucido, il controlucido, la lametta come correttore, la benzina come sgrassatore e la copia eliostatica, quest’ultima come elaborato finale per enti e committenti. Un disegnatore era ricercatissimo, anche se, nel mio caso, ero un po' ribelle e allergico alla regola del “si è sempre fatto così”.

Ho avuto la fortuna di fare da neodiplomato “l’amanuense remunerato” nello Studio dell’ing. Gianpiero Castellucci (allievo a suo tempo dell'ing. Pozzati), mente aperta a tutto tondo, progettista e DdLL del Palazzetto dello sport di Teramo (credo ancora ad oggi la più grande Calotta Ellittica in laterocemento in Europa, disegnata e calcolata a mano). Qualche anno dopo, nel mio studio da architetto libero professionista, me lo sono ritrovato tra le parti interessate come Committente per la Ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso, a Bar ristoro e internet point, dei locali seminterrati del Cinema Apollo a Teramo (AC11 2008).
L’incontro è stato molto simpatico: nel mio studio non c’erano più tecnigrafo, matite colorate, china ecc. ma solo l’immenso monitor che tu citavi ed il mouse. La tua stessa curiosità di bambino l’ho vista anche in un ingegnere un po' attempato, ma subito affascinato dalla trasformazione delle mie capacità grafiche, trasferite con la stessa efficacia espressiva in un software in grado di assecondarmi - in tempo reale - tra spaccati 3D, viste prospettiche, dettagli e particolari costruttivi, quantificazione di costi e materiali. Tant’è che, da quel momento, si riapre una parentesi collaborativa: Archicad aveva lasciato il segno.

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Ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso - Bar (2008) | Archicad 11 | Sezione prospettica 

 

Copertina blog Graphisoft (1)-2

Ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso - Bar (2008) | Archicad 11 | Particolare costruttivo

 

Faccio un piccolo passo indietro. Già al Terzo anno delle superiori spuntavano nuovi strumenti che solleticavano la mia curiosità: le calcolatrici elettroniche tascabili e programmabili. Era interessante poter delegare una parte di lavoro manuale a uno strumento che avrebbe sviluppato calcoli al mio posto, dovevo solo programmarlo. Da qui inizia la mia passione per l’informatica – serate e serate passate a capire e scrivere, quindi programmare, questo linguaggio nuovo che restituisse risultati in campo topografico oltre che di verifiche strutturali in ambito scolastico, poi diventato una risorsa anche in ambito universitario e lavorativo.

A seguire i primi pc Commodor 64K e OlivettiM24 240K con a bordo il caro vecchio DOS e il suo linguaggio di programmazione (basic e poi gwbasic) con il quale ho strutturato, implementato e aggiornato nel tempo un programmino ormasoft (dedicato a una persona di mia conoscenza) di rilevamento topografico (tacheometro e stadia) per la gestione delle stazioni, i fuori centro, le sue coordinate x,y,z e quelle dei punti di dettaglio con compensazione degli errori angolari e lineari entro le tolleranze di riferimento ammesse; il tutto dato poi in pasto alle prime forme di CAD che gestivano le primitive come punti, linee, archi, cerchi e angoli. Cominciavano a ridursi il dispendio di carta, lo smarrimento dati e soprattutto le tempistiche operative.

 

La tesi di laurea: il restauro di un ex complesso Benedettino

Affascinato dalle armonie dell’architettura del patrimonio storico-artistico, il giusto coronamento del mio percorso di studi universitario non poteva che sfociare in una tesi di laurea in Restauro. Ancora una volta ho avuto la fortuna di essere formato e accompagnato dal mio Relatore Prof. Arch. Mauro Civita (ormai purtroppo venuto a mancare) con cui ho potuto esprimere tutta la mia voglia di fare, cambiare, innovare anche quegli schemi ormai radicati e consolidati soprattutto nella forma di presentazione e discussione della Tesi: carta bianca dal mio Prof., a cui ho aggiunto un paio di guanti bianchi in dotazione alla commissione (ma questa è una storia che è meglio raccontare in un’altra occasione).

 

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Tesi di Laurea in Restauro, consolidamento e riuso dell’ex Complesso Benedettino di S. Lorenzo in Montorio Al Vomano | AA. 1989-1990 | Planimetria Generale dei Caposaldi e dei Punti di Dettaglio

 

La Tesi ha affrontato il tema del Restauro, consolidamento e riuso dell’ex complesso Benedettino di S. Lorenzo in Montorio al Vomano (TE), A.A. 1989-1990.

 

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Tesi di Laurea in Restauro, consolidamento e riuso dell’ex Complesso Benedettino di S. Lorenzo in Montorio Al Vomano | AA. 1989-1990 | Planimetria Generale dell'Impianto Golfistico

 

Vorrei condividere alcuni risultati del processo manuale accompagnato da quello informatico. Il tabulato tabellare dell’inquadramento in sito della Fabbrica e della sua collocazione nel contesto (l’attuale georeferenziazione); le tavole di rilievo nello stato di fatto e la tavola di progetto nella nuova rinnovata Funzione (colorazioni a pastello e substrati oggi texture materiali e stratigrafie). Una restituzione grafico-informativa che sarebbe stata la stessa trasposta sui nuovi strumenti del virtual building, che avrei incontrato pochi anni dopo.

 

7Tesi di Laurea in Restauro, consolidamento e riuso dell’ex Complesso Benedettino di S. Lorenzo in Montorio Al Vomano | AA. 1989-1990 | Pianta Piano Primo

 

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Tesi di Laurea in Restauro, consolidamento e riuso dell’ex Complesso Benedettino di S. Lorenzo in Montorio Al Vomano | AA. 1989-1990 | Pianta Piano Copertura

 

La tavola seguente è interessante per la sua vicinanza al rilievo del capitello menzionato nell'articolo sulla Certosa di Pavia - generato con la nuvola di punti -  la cui tecnica è quella del puntinato (posso garantire che anche qui ci sono milioni di punti che affaticano anche un “processore umano”) e per la particolarità della sua comunicazione. Riporto una citazione testuale della tesi che ne esprime il senso:

Non è stato un semplice esercizio, bensì si è voluto cogliere, o quantomeno si è cercato di cogliere, l'inserimento leale, profondamente rispettoso dell'opera di chi l'ha preceduto, di uno scalpellino, intervenuto intorno al XVII secolo, il quale sembrava conoscesse già la teoria del Restauro moderno. Egli si è posto, con il suo intervento, in maniera tale da poter essere sicuramente distinto, ha avuto riguardo nei confronti di chi l'ha preceduto, inserendosi dove gli era consentito, senza occultare o snaturare ciò che già era stato compiuto, anche la prima sbozzatura. Questa tavola vuole, pertanto, testimoniare la sensibilità di un uomo che ha saputo rispettare e che per questo merita rispetto.

 

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Tesi di Laurea in Restauro, consolidamento e riuso dell’ex Complesso Benedettino di S. Lorenzo in Montorio Al Vomano | AA. 1989-1990 | Particolari Evolutivi dei Capitelli

 

Il percorso accademico di Matteo

A differenza di quanto hai appena raccontato, potrei definirmi, come spesso sento dire, nativo digitale. A partire dalla fine del primo semestre universitario - dopo una breve parentesi con software CAD - ho iniziato a prendere dimestichezza con Archicad, le cui potenzialità da software di BIM Authoring mi sembravano incredibilmente più interessanti ed efficaci rispetto agli altri flussi di lavoro.

Durante la laurea magistrale ho avuto modo di approfondire e toccare con mano gli aspetti più interessanti della metodologia BIM, grazie al contributo di alcuni corsi che ho scelto di intraprendere, tra cui quello del Prof. Ezio Arlati sul tema HBIM, di cui ho riassunto il contenuto nell’articolo sulla Certosa di Pavia. La Certosa a cui non potevo non pensare mentre ti sentivo parlare della tua tesi, per via delle numerose analogie e rimandi emersi, tra gli strumenti di ieri e di oggi e di come questi, in realtà, siano più vicini di quanto a volte si è portati a pensare. Come se di fatto la più grande differenza sia semplicemente un acronimo inglesizzato rispetto a quelle parole con cui ieri esprimevamo gli stessi concetti relativi al prenderci cura della nostra eredità architettonica.

Nel mio caso, a conclusione del percorso di laurea magistrale, ho intrapreso un tema diverso, scegliendo una tesi progettuale per imparare a conoscere le dinamiche Open BIM e di interoperabilità tra professionisti e attori del processo edilizio grazie al contributo del Prof. Daniele Fanzini e dell’Ing. Angelo De Cocinis, punti cardine nello sviluppo della mia tesi di laurea (e non solo!): progettazione interdisciplinare di un impianto sportivo come catalizzatore di una riqualificazione urbana.

Proprio attraverso lo sviluppo della tesi, insieme agli altri laureandi, ho avuto modo di mettere a sistema tutte le principali discipline: architettura, strutture e impianti (di questo approccio parleremo nel prossimo articolo, con dei casi pratici).

 

Copertina blog Graphisoft-2

Tesi di Laurea Magistrale con Maria Giulia Di Donato e Chiara Menaguale | Workflow del processo BIM

 

Oltre alla progettazione architettonica e al calcolo delle diverse componenti strutturali e impiantistiche, abbiamo beneficiato di un modello federato da cui estrapolare tutti i dati e gli elaborati, a partire da un livello di dettaglio e informativo molto elevati, andando a sfruttare anche le potenzialità degli oggetti BIM disponibili in rete e sviluppati direttamente dalle aziende produttrici di specifiche soluzioni tecnologiche direttamente scaricati e posizionati all’interno del modello. Questo ci ha permesso di rendere molto più snella ed efficace tutta la gestione del progetto, arrivando a sviluppare molte soluzioni progettuali senza particolari sforzi di modellazione.

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A sinistra, Tesi di Laurea Magistrale con Maria Giulia Di Donato e Chiara Menaguale | Esploso Assonometrico, a destra Tesi di Laurea Magistrale con Maria Giulia Di Donato e Chiara Menaguale | Sezione Assonometrica di Dettaglio

 

Da queste esperienze accademiche ho capito che non avrei potuto fare a meno di questi strumenti una volta entrato nel mondo del lavoro, comprendendo che tutti gli sforzi fatti per imparare Archicad erano solo l’inizio di un processo di studio e aggiornamento continuo.

 

Imparare a utilizzare Archicad 

Ho trascorso ore ed ore a cercare di realizzare in Archicad le soluzioni che avevo in testa, aiutandomi con i video dei canali di Luca Manelli, di cui sono diventato immediatamente un follower accanito, arrivando a ritagliarmi un appuntamento giornaliero di circa mezz'ora per scovare qualche nuova funzione dai suoi video. Per le sfide di modellazione più complesse e per la gestione della documentazione ho avuto la fortuna di potermi confrontare con chi ha iniziato ad utilizzare Archicad nel 1998: tu.

A questo punto, papà, la domanda sorge spontanea: quando non c'erano YouTube e i video tutorial di Luca Manelli, in che modo hai conosciuto e imparato ad utilizzare Archicad? E poi, anche rischiando di sembrare di parte, vista la qualità dei disegni prodotti a mano, perché hai abbandonato quel modo di lavorare?

Devo ammettere, in effetti, che imparare a utilizzare un software all’epoca era decisamente più faticoso: c’era il passaparola, le riviste di settore, le manualistiche, mentre internet poteva paragonarsi a un bradipo che gareggia nei 100 metri in salita con primati da tempi biblici. Più in generale, c’era una nutrita proliferazione di software non propriamente ortodossi in ogni dove… e il più delle volte si rimaneva insoddisfatti sia del software stesso che delle sue blasonate recensioni. 

La convinzione che a partire dalle nostre radici e dai modi di fare del nostro tempo, attraverso la conoscenza, la curiosità e la ricerca, siamo in grado di progredire e migliorare è stato il motivo principale per cui ho investito su questo tipo di tecnologia impiegando tempo ed energia nella ricerca e nella formazione. Spesso si è portati a pensare che gli obblighi normativi siano sufficienti per imporre un atteggiamento: questi, tuttavia, possono rappresentare delle noiose incombenze se approcciate con il sentimento della comodità nostalgica delle conoscenze consolidate e familiari del quotidiano; al contrario possono essere anticipate e messe al servizio della curiosità personale nell’innovazione.

Nel mio caso, la vera svolta, si è manifestata quando mi sono imbattuto in una curiosa icona con tre matite che mi ha spinto in modo irreversibile in quella realtà che in un breve lasso di tempo, come te successivamente, ho imparato a conoscere con quello che sarebbe diventato presto il suo nome commerciale: Archicad.

 

Vi aspettiamo nel prossimo articolo per raccontare altri aneddoti relativi ad alcuni progetti, stavolta tutti digitali, a partire da Archicad 6.0!

 


 
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