Il blog BIM di Archicad

L'importanza dell'interoperabilità nella collaborazione architettonica

Scritto da Roberto Marin | Apr 20, 2022 7:01:35 AM

In un'epoca lontana, durante il passaggio dal disegno tecnico realizzato con chine e tecnigrafo al nuovo paradigma del disegno tecnico realizzato in CAD, un manipolo di architetti Padawan si stava facendo strada tra le fila della fiera dell'opposizione ai rappresentanti della Repubblica Galattica, condotta dalla Federazione degli Architetti Docenti.

A colpi di progetti modificati e consegnati a velocità smodata, complice la Confederazione dei Sistemi Computerizzati, il gruppo di Padawan cercava di rendere più efficienti i suoi progetti e il modo di lavorare, creando una libreria di piccoli disegni CAD in formato dwg che consentisse di non perdere tempo a realizzare cose che altri avevano già fatto.

 

Dal disegno a china ai compact disk

Lo scambio di informazioni non poteva avvenire tramite le mirabolanti promesse della rete internet che all'epoca era agli albori in Italia, limitata e indebolita da una diffusione a macchia di leopardo di modem 56k e alla constante ricerca dell'equilibrio tra il tempo speso in rete e il costo al minuto della connessione.

Ci si poteva solo rivolgere a supporti che utilizzassero il laser: lo scambio sottobanco di Compact Disk avveniva lontano dagli occhi della Federazione degli Architetti Docenti, a volte addirittura scambiati senza copertina, con al loro interno le librerie dei più ricercati e affinati micro-disegni degli oggetti più disparati.

Lo scambio di Blocchi CAD stava pian piano creando un'élite che garantiva la diffusione, la gestione e il corretto funzionamento di questo nuovo paradigma, che aveva solo uno scopo: liberare i Padawan dalla schiavitù del disegno a china.

Ben presto, i nostri giovani Padawan si organizzarono a tal punto da rendere disponibile a tutti gli studenti che volessero unirsi alla causa un'attenta selezione di queste librerie CAD addirittura all'interno della rete della Confederazione dei Sistemi Computerizzati, sfidando apertamente il potere costituito della Federazione.

 

Un problema di incompatibilità

Allargando l'accesso a un numero di persone sempre più alto rispetto all'esiguo gruppo iniziale, gli intrepidi Padawan si scontrarono però con un problema all'epoca insormontabile: l'incompatibilità tra una versione e l'altra dei file dwg di epoche diverse, che rendeva dipendenti le librerie dal software utilizzato. Un problema non da poco quando si trattava di aggiornare librerie che erano arrivate a contare quasi 5.000 oggetti e l'opzione di un aggiornamento manuale era estenuante, mettendo in difficoltà il gruppo di Padawan, costretti a scegliere se dedicare il tempo a questa nobile causa o al loro percorso di studio.

In mezzo al caos che si stava diffondendo tra le fila della Resistenza e della controparte Federazione, i Padawan più scaltri raccolsero le loro ultime forze e decisero di demolire l'ultimo limite didattico che aveva fino ad allora limitato l'uso del CAD al solo ambito progettuale.

 

Finalmente il CAD

Riuscirono a organizzarsi e ad eseguire un'azione mirata ad ampliare i confini dell'utilizzo degli strumenti informatici, azione che si rivelò poi fatale alla Federazione, facendo cadere le ultime sacche di resistenza: furono presentate ai loro rappresentanti le prime tesi di laurea nel campo del restauro, rilevando e restituendo i vari stati di degrado solo con sistemi computerizzati, entrando nel cuore di settori edilizi inattaccabili fino ad allora.

All'epoca fu una vittoria per i nostri giovani Padawan, un evento che solo tempo dopo rivelò ai nostri ignari eroi la sua portata: con questa vittoria contribuirono ad aprire le porte all'Impero Galattico del CAD senza aver fatto i conti con il suo potente lato oscuro.

Non passò molto tempo che agli occhi dei Padawan si ripresentò la stessa storia ma, come spesso accade, con interpreti e strumenti diversi: stava nascendo l'Alleanza Ribelle del BIM, con l'obiettivo di liberare le mani degli architetti progettisti dal lato oscuro del CAD.

 

Il lato oscuro del CAD

Leggendo questa vecchia storia, l'occhio attento del professionista avrà certamente colto il problema di interoperabilità che si è svelato al crescere dell'utilizzo del formato dwg.

Nato nel 1982, questo formato si è diffuso nel mondo CAD fino a diventare uno standard che per sua natura è chiuso, essendo un formato di file proprietario che si è rinnovato con una cadenza triennale perdendo la retroattività. Essendo chiuso e variabile ai prodotti software commercializzati, il dwg non si può considerare uno strumento adatto allo scambio di dati tra CAD diversi.

A questo problema si è andato ad aggiungere l'aspetto che riguarda la proprietà del disegno: quando si invia un file dwg a un altro professionista viene trasmesso anche tutto il lavoro, l'impostazione dei layer, dei testalini e dei layout, le impostazioni delle penne, i blocchi sviluppati autonomamente e tutto ciò che a certi livelli viene vista come una vera e propria proprietà intellettuale.

Le strade che vengono intraprese per mantenere un certo controllo sulla proprietà intellettuale del dwg sono essenzialmente due: impegnare tempo e risorse "pulendo" il file dwg e lasciando il minimo indispensabile, oppure evitare di trasmettere il file dwg, affidandosi a un altro formato di trasmissione considerato sicuro, come il PDF.

Per chi è costretto a lavorare ancora oggi in questa modalità, penso possa tornare utile mettere sul piatto della bilancia delle valutazioni la scelta strategica da adottare, ricordando che con Archicad è possibile ottenere il disegno da un file pdf vettoriale.

 

Il modello architettonico BIM

Nell'ambito dell'utilizzo di software di BIM authoring esistono i formati proprietari e chiusi, caratteristiche che portano a situazioni di interscambio di dati simili a quelle descritte precedentemente, che richiedono a un team di lavoro di utilizzare come minimo lo stesso software. L'intento di utilizzo di file di interscambio di tipo aperto è di far collaborare le diverse figure coinvolte nel progetto in modo trasparente, indipendentemente dagli strumenti e dalle applicazioni BIM utilizzate.

Trattandosi di progetti sviluppati nel campo della modellazione 3d, possiamo immaginare che il modello possa esser esportato utilizzando il formato aperto OBJ, perfetto per lo scambio di dati nella grafica che ne rappresenta la geometria 3D, ossia la posizione di ogni vertice, di ogni coordinata UV per le texture, le normali e le facce che compongono il modello.

Nel caso di progetti BIM, però, il formato OBJ è un modello carente dal punto di vista delle informazioni, che invece sono l'ingrediente cardine della filosofia BIM. Per fare in modo che al modello 3d vengano associate le relative informazioni si possono utilizzare formati di file di tipo aperto per l'interscambio del modello BIM: il più gettonato è il formato IFC.

 

IFC ping pong

Oltre ai vantaggi derivanti dal formato di file aperto, il file IFC permette anche di trasmettere un modello non modificabile: credo che ogni professionista abbia il piacere di non vedersi modificato il modello da ogni figura coinvolta nel progetto ma che preferisca che gli si vengano indicate solo le correzioni più evidenti e importanti. Si viene a configurare per il progettista una specie di "professional clash detection" a mano, che assorbe tempo e risorse. Metodologia di lavoro che va in aperta contraddizione con i principi fondanti del BIM e anche del buon senso.

Nel mondo BIM, i modelli interscambiati tramite IFC non sono copie "live" del modello architettonico in cui chiunque può attuare delle modifiche, ma si tratta di copie compatibili dei modelli originali sviluppati con i software di BIM authoring. Si tratta di effettuare quello che spesso definisco scherzosamente "IFC ping pong" ma che credo sintetizzi bene l'idea di un ambiente collaborativo e strutturato per cicli di revisione, che aiuta a definire gli scopi e le responsabilità di ciascun partecipante al progetto. La definizione è di Mark Baldwin, dal suo libro The BIM Manager, A practical Guide for BIM Project Management, concetto spiegato più approfonditamente anche nell'articolo sui miti da sfatare sull'IFC.

Certo è che, se già molto tempo fa si fossero utilizzati formati di file aperti come standard nella digitalizzazione della progettazione, ore le cose sarebbero ben diverse. Infatti, nonostante già nel 1994 nascesse il consorzio Internation Alliance for Interoperability (IAI), che si trasformò nel 2005 in buildingSMART, quegli anni non erano ancora maturi e il mercato ha preferito puntare su soluzioni prevalentemente proprietarie. Solo dal 2012 si inizia a parlare di Open BIM, che promuove un metodo di lavoro basato sull'impiego di formati neutrali come IFC, Xml, BCF, COBie, e57, xyz e altri.

L'interoperabilità si è palesata come caratteristica fondamentale nella collaborazioni già all'epoca del passaggio dal disegno a china manuale a quello digitalizzato in CAD; non a caso oggi ogni norma fa riferimento a piattaforme interoperabili aperte e neutrali. Questo concetto ha avuto sviluppi nei settori del GIS, della gestione della nuvola di punti, nel ritocco fotografico, nella modellazione e renderizzazione, nelle soluzioni di Common Data Environment, per il Facility e l'Asset Management con la nascita di software open source dedicati, meglio descritti in questo questo articolo.

 

Il filtro IFC

Prendendo in esame l'esportazione del proprio modello architettonico tramite l'utilizzo del formato IFC, come in ogni procedura ripetitiva che può esser automatizzata, si ha la necessità dell'impiego di un minimo di lavoro per rendere l'attività "fluida": questo approccio diventa chiaramente più facile nel momento in cui si lavora con le stesse figure coinvolte nel progetto, ma spesso si tratta solo di restringere il cerchio al tipo di software utilizzato dai collaboratori esterni e dalla loro area di competenza.

Possiamo vedere il file IFC come il risultato dell'applicazione di un filtro al modello architettonico BIM: l'azione di questo filtro viene realizzata in Archicad tramite il traduttore. Questo prezioso strumento che permette di esportare i dati in modo filtrato da un modello architettonico BIM è anche utile quando si deve esportare e inviare file in formato DWG.

L'uso di un filtro del modello architettonico BIM è necessario perché il pacchetto di dati che vanno trasferiti tra le varie figure all'interno di un progetto sono molto diverse. Pensiamo ad esempio al lavoro di un ingegnere strutturista che avrà bisogno del modello architettonico solo come riferimento. Questo lavoro è chiaramente diverso rispetto a quello necessario a una Clash Detection (o rilevamento delle interferenze) in cui il modello condiviso dovrà avere al suo interno informazioni come la geometria, le classificazioni, le proprietà e via discorrendo.

Se si tratta invece di un lavoro che prende in considerazione la dimensione 4D del BIM, legata all'andamento temporale della costruzione, il modello condiviso dovrà avere al suo interno informazioni collegabili temporalmente con fasi specifiche organizzate in un determinato lasso di tempo. Un discorso simile può esser applicato alla dimensione 5D del BIM, legata ai costi della costruzione.

 

Il tempo è denaro

Risulta quindi molto importante, all'interno della filosofia BIM e soprattutto della filosofia Open BIM, sapere dove andranno i dati che vogliamo condividere con le altre figure coinvolte e che tipo di software queste utilizzano per le loro elaborazioni. Questa verifica è molto importante, sebbene spesso sottovalutata, perché ci si può trovare nella spiacevole situazione in cui una volta che venga completamente finito il modello architettonico (magari con un livello di dettaglio molto elevato) e venga condiviso ad esempio con il tecnico che si occupa dell'aspetto energetico nel progetto, quest'ultimo si trovi un modello non completamente visualizzato a causa di strumenti particolari utilizzati nella modellazione tridimensionale o di una compilazione non completa delle proprietà IFC.

Nella fattispecie, è probabile che una semplice chiamata telefonica precedente alla fase di modellazione faccia scoprire che il modello architettonico potesse avere un livello di dettaglio molto inferiore e che ad esempio le finestre potessero non essere dettagliate in modo particolarmente preciso perchè il programma usato dal termotecnico vede solo i "buchi" delle finestre. Per un professionista vuol dire risparmiare tempo in modellazione e far risparmiare tempo anche al tecnico con cui collabora: un bel risparmio, direi! Argomento che, come penso abbiate capito, mi sta molto a cuore.

 

La diffusione e la conoscenza dell'Open BIM

Questo tipo di filosofia aperta è stata adottata da molti professionisti dei quali possiamo leggere ad esempio le esperienze degli studi Archicura, Arsarc, D.Vision e RS2 Architetti per il settore delle nuove costruzioni o lo studio T.R. Partners Design per il settore del restauro.

Altra cosa molto interessante, dal punto di vista esterno agli studi professionali è che possiamo trasferire con i file IFC le informazioni anche al personale che lavora in cantiere: i lettori di questi file sono gratuiti e molto facili da usare, agevolando la transizione digitale anche di questo aspetto del progetto.

Per iniziare a conoscere la teoria dei file IFC, che permette di avere una comprensione più completa di come vengono trasmessi e gestiti i dati del vostro modello architettonico, consiglio di partire dal primo articolo dei cinque pubblicati dedicati al formato IFC.

Dal punto di vista pratico, sottolineo che i processi relativi alla filosofia OpenBIM ed all'utilizzo dei file IFC sono concetti fondamentali non solo per le figure che ricoprono il ruolo di BIM Specialist ma soprattutto per il ruolo di BIM Manager: questi due argomenti sono dei tasselli che permettono a questa figura di conformare con esattezza l'aggregazione dei modelli secondo le esigenze informative necessarie al committente.

 

Il corso BIM Manager di Graphisoft

Queste tematiche, come l'impostazione dei progetti, la collaborazione con i consulenti, la gestione delle persone e dei processi, saranno tutte meglio spiegate nei corsi BIM Manager Program di Graphisoft: vi consiglio di tenere d'occhio le prossime date del corso in lingua italiana o, perché no, anche in altre lingue.