Tag: Lavorare in BIM
Bello il BIM, ma quante applicazioni bisogna acquistare! Quando un neofita cerca di approcciarsi alla metodologia BIM è facile cadere in molte convinzioni errate. Mi piace definirle “depotenzianti” più che errate, perché molto spesso possono darci una visione distorta della realtà e delle nostre possibilità.
Una di queste distorsioni è pensare che per usare la metodologia BIM sia necessario acquistare un numero elevato di software per poter “fare BIM”, soprattutto quando si fa riferimento alle dimensioni che vanno dal 4D al 7D. E permettetemi il semplicismo dell’espressione “fare BIM”: la uso spesso per sottolineare l'idea spesso distorta sul contributo che la metodologia BIM può dare non solo al settore delle costruzioni, ma alla società in generale.
In questo articolo riflettiamo sull’approccio alle dimensioni del BIM da parte della PMI, con un accento sui modelli energetici BIM.
Cosa fare con il BIM
Se ci trovassimo in un talent show, avremmo premuto i quattro pulsanti rossi in risposta all'affermazione iniziale di questo articolo. Avete presente il famoso Per me è no? Ecco, in maniera molto ironica dovremmo pensare a qualcosa del genere quando qualcuno crede di fare tutto con il BIM (la maggior parte delle volte senza cognizione di causa).
Sono sempre dell’idea che si può fare dell’ottimo BIM anche con poco e in qualsiasi fase di progetto. Non è necessario implementare nella propria azienda (piccola, media o grande che sia) tutti gli strumenti presenti sul mercato e, a volte, nemmeno tutte le figure professionali BIM.
Piuttosto, penso sia sufficiente avere ben salda nelle propria testa la visione di dove si vuol arrivare e il percorso più sostenibile possibile per raggiungerla.
Ad esempio, è impossibile gestire internamente dei processi di coordinamento BIM senza aver sviluppato una struttura digitale adeguata che passa dall’infrastruttura IT fino ad arrivare ai template di studio e ai workflow di progetto. Senza citare la corretta adozione di un approccio mentale BIM; quello che a me piace chiamare mindset.
Così come per il coordinamento, questo ragionamento può essere ampliato per qualsiasi altro aspetto. Quindi, cosa fare con il BIM? Ne parleremo in un altro articolo. Ora cerchiamo di mettere in evidenza la dimensione 7D e in che modo si può passare da un modello BIM a un modello energetico.
È necessario utilizzare diversi software o si potrebbero sperimentare anche altre vie?
Il modello di lavoro EAM: dal BIM al BEM
È facile comprendere come l’approccio sostenibile del BIM 7D risulti uno dei ganci più efficaci da utilizzare sia per la progettazione sia per la vendita con il cliente. Non descriverò qui i benefici di una progettazione sostenibile, ormai penso sappiamo tutti di cosa si stia parlando. Piuttosto, spostiamo il focus su cosa si intende per modello BIM 7D.
Quando si fa riferimento alla dimensione sostenibile si intende analizzare e stimare le prestazioni energetiche dell’edifico in tutte le fasi del suo ciclo vita. È così possibile adottare delle soluzioni tecnologiche adeguate e ottenere un risparmio energetico in base alle prestazioni che si vogliono raggiungere o, per meglio dire, che il cliente vorrebbe ottenere.
Se con l’acronimo BIM si fa riferimento a Building Information Modeling, dove la parola Informazione gioca un ruolo cardine, in questo caso risalta la parola Energia. Con il Building Energy Modeling (BEM) si fa riferimento a un modello dedicato all’analisi per il calcolo dei fabbisogni energetici dell’edificio attraverso una serie di dati parametrici.
Per eseguire questa tipologia di analisi abbiamo a disposizione sul mercato una serie di software che consentono di importare tramite formato aperto IFC un modello BIM da convertire in un modello BEM. Il passaggio avviene attraverso l’integrazione del modello BIM con una banca dati interna ed esterna di diversa natura (dati geometrici e informativi). In questo modo si ottiene in prima istanza un modello di analisi definito Energy Analysis Model (EAM).
Per farla semplice, lavorando in un software 7D viene utilizzato questo modello di lavoro EAM derivante dal modello BIM. Il BEM può essere inteso come una sorta di deliverable di questo processo di analisi sostenibile, proprio come il Project Information Modeling (PIM) è un deliverable di un modello BIM attraverso Archicad, in un processo di progettazione fino alla fase di costruzione dell’edificio.
È chiaro come la metodologia BIM, applicata in questo caso solo a due declinazioni e integrata con quella del Life Cycle Assessment, riesca a coprire e a gestire il manufatto edilizio in tutto il suo ciclo vita from cradle to grave: dalla produzione delle materie prime fino alla fase di dismissione.
E se invece volessimo andare oltre gli approcci standard?
BIM con poche risorse a disposizione: oltre i limiti imposti
Se volessi fare del buon BIM con il poco che si ha a disposizione? Questa è una delle domande che mi pongo spesso durante le mie riflessioni sullo stato di avanzamento e diffusione del BIM in Italia, e mi riferisco in particolare alla piccola e media impresa. Nel caso specifico: Come farebbe un piccolo studio a implementare nel proprio flusso di lavoro aspetti avanzati come ad esempio il coordinamento o le varie declinazioni BIM?
Nel mio percorso di crescita mi sono imbattuto parecchie volte in questa domanda e, vuoi anche un po’ per caso, uno dei miei primi studi verso il BIM interdisciplinare è stata la tesi di Laurea Magistrale in Architettura per il Progetto Sostenibile conseguita presso il Politecnico di Torino. Dico "per caso" perché all’epoca ancora non avevo ben chiare tutte queste dinamiche, né tantomeno quali fossero alcuni dei problemi a frenare una piena e corretta diffusione del BIM.
Ad oggi, mi piace rivedere il mio elaborato finale sotto un altro punto di vista: con un occhio più critico. Direi che l’obiettivo finale di quella ricerca durata quasi dodici mesi può essere posto su un livello più alto rispetto all’obiettivo originale prefissato. Non per sminuire il lavoro o le considerazioni fatte, ma piuttosto per vedere cosa potrebbe dare nella pratica uno studio del genere.
Giusto per concludere la fase di suspense direi che, in ottica anche futura, il lavoro eseguito insieme al mio ex collega Arch. Francesco Fiorentino potrebbe essere un ottimo punto di partenza per implementare la dimensione 7D in un flusso interno di lavoro Archicad. Ma di tutto ciò parleremo nel prossimo articolo.
Logo della Tesi di Laurea Magistrale dove l’algoritmo per le prestazioni energetiche-ambientali, interposto fra Archicad e Grasshopper, “oltrepassa” i limiti del BIM 3D tramite il Computational BIM.