Il blog BIM di Archicad

Progettazione BIM e 3D sono la stessa cosa?

Scritto da Hilario Bourg | Oct 19, 2020 7:30:00 AM

Nel passaggio dal disegno a mano al disegno 2D non ci sono state sostanziali differenze di metodo. La modellazione 3D, invece, costituisce l’elemento di scarto tecnologico rispetto agli strumenti analogici. Ma progettazione BIM e 3D sono la stessa cosa?

 

Il CAD e la progettazione 3D

Sono passati ormai 30 anni da quando il CAD è comparso negli studi di progettazione, imponendo loro dei cambiamenti: sono ad esempio spariti i tecnigrafi e si è ridotto il numero di operatori. Ma i metodi di lavoro non sono cambiati poi molto. Dalla china ai pixel, il disegno ha mantenuto la sua funzione di rappresentazione, mentre le decisioni venivano prese altrove: nello studio del titolare, nella baracca di cantiere adibita a ufficio, negli showroom dei fornitori, e così via.

Le operazioni sono diventate più veloci e sbagliare è diventato più facile, nel senso che si sbaglia più a cuor leggero perché non bisogna più “slamettare” o mandare le tavole in copisteria per le eliocopie.

Inizialmente, la modellazione 3D costituisce l'alternativa al disegno di prospettive e assonometrie e viene condotta insieme al render da una persona dedicata dotata di una spiccata visione dello spazio.

Il 3D CAD è una sorta di scultura elettronica: per fare un muro con una porta bisogna estrudere la superficie del muro in pianta per l’altezza, creare il volume del foro, inserire l’oggetto porta costituito dal pannello che a sua volta è una superficie estrusa, inserire gli stipiti tramite l’estrusione lungo un percorso del profilo, aggiungere la maniglia, ecc, ecc.

Ognuna di queste operazioni è irreversibile: un muro con un foro non è modificabile se non ricostruendo il muro nuovamente o riempiendo il vuoto con un altro solido da unire al muro stesso.

Per questa ragione Il 3D nel CAD rappresenta il momento finale del processo: può essere sviluppato solo quando le idee sono ben chiare, perché ogni successiva modifica presuppone una dispendiosa azione distruttiva-ricostruttiva.

Una volta stabilita la disposizione in pianta e decise le caratteristiche dei prospetti sarà possibile modellare l’opera coerentemente al progetto nel suo insieme. Capita spesso di assistere all’effetto sorpresa, perché soltanto con il modello 3D pronto si ottiene una chiara visione del progetto, magari per scoprire che quella che sembrava una soluzione geniale in pianta non funziona bene nelle 3 dimensioni. Per individuare problematiche progettuali più stringenti bisogna invece attendere di sviluppare una sezione dalla quale possono emergere svariati problemi. I più accorti fra gli utenti CAD predispongono degli schemi di sezione per verificare preventivamente le situazioni più complesse.

 

Un processo frammentato

È possibile sviluppare dei processi in parallelo: mentre si definiscono le piante, un altro operatore può cominciare a modellare (“scolpire”) l’edificio nelle tre dimensioni. Ma scomporre l’opera in parti, gestite oltretutto da operatori distinti, ci espone al rischio di avere sviluppi divergenti e di conseguenza ad avere elaborati non coerenti fra loro.

Il processo è migliorabile: anziché modellare lo stesso elemento più volte, è possibile utilizzare dei blocchi che possono impiegare alcuni parametri per poter essere adattati a diverse situazioni, quali i diversi spessori del muro per il blocco porta. Oppure, utilizzando un sistema di riferimenti esterni si possono caricare i disegni altrui nel proprio file per avere la base di lavoro sempre aggiornata.

Il processo è quindi migliorabile, ma non viene risolto il problema di fondo: la frammentazione del progetto. Questo non viene scomposto per parti secondo una logica di progetto ma viene ripartito secondo le esigenze della divisione del lavoro che è spesso in contraddizione con la natura dell’opera stessa; gran parte degli sforzi vengono profusi nella sistemazione, correzione e verifica degli errori disseminati strada facendo.

Paradossalmente, lavorando con il tecnigrafo questo accadeva in maniera molto minore, perché la lentezza del disegno permetteva di sistemare nel frattempo le incongruenze fra gli elaborati. Certamente non spingiamo per il ritorno ai metodi tradizionali, perché la velocità acquisita con la tecnologia digitale è comunque tale da sopperire ampiamente alle discontinuità e perdite del processo.

Il processo CAD, considerate le molte similitudini concettuali con il disegno tecnico a china, non ha acquisito metodi propri e almeno inizialmente ci siamo trascinati alcuni vizi quali l’eccesso di dettaglio (si progetta in scala 1:1 ma si stampa in scala 1:100).

 

Il CAD a "Oggetti"

Ancor prima che il BIM si affermasse come disciplina autonoma (siamo a fine anni ’90), cominciò ad imporsi il concetto di “CAD orientato agli oggetti”, noto anche come OOCAD (Object Oriented CAD): i simboli 2D e 3D vengono sostituiti con degli elementi costruttivi in grado di replicare il comportamento degli elementi edili più comuni. L’inclusione di parametri 3D come misure variabili e regole assegnate, permette di aggiungere “intelligenza” agli oggetti, consentendo la rappresentazione di geometrie complesse e le relazioni funzionali fra i diversi oggetti. In questo paradigma, I muri sono oggetti che possono essere allungati e uniti, essere composti da una stratigrafia e possedere determinate informazioni. Porte e finestre sono oggetti in grado di stabilire relazioni con i muri che li ospitano.

È facile comprendere quanto questo nuovo approccio sia in grado di velocizzare le operazioni di rappresentazione grafica poiché non è più necessario modellare ogni singolo componente ma è sufficiente posizionare gli elementi costruttivi che entrano in relazione automatica fra loro: la costruzione di un muro necessita di due informazioni soltanto, punto iniziale e punto finale, mentre la porta può essere posizionata lungo il muro forandolo automaticamente; ogni volta che il muro viene spostato, il foro nel muro si adatta di conseguenza, e se la porta viene cancellata il foro scompare e il muro torna ad essere un elemento integro.

Ogni oggetto è dotato di molti parametri che rendono disponibili un numero di configurazioni praticamente infinito. La modellazione non è più un’operazione definitiva perché le modifiche non comportano la distruzione e ricostruzione degli elementi modellati: si modella da subito e si aggiorna il modello lungo tutte le fasi del progetto.

 

L'edificio Virtuale: il progetto torna unitario

L’insieme di tutti gli elementi costruttivi che sono fra loro in relazione reciproca, forma il cosiddetto Virtual Building, l’edificio virtuale da cui è possibile estrarre tutti gli elaborati grafici necessari: l’unitarietà del progetto è finalmente ricostituita e ogni scelta progettuale ha un immediato riscontro nelle diverse rappresentazioni grafiche.

 

Le decisioni progettuali vengono prese e attuate in un unico luogo virtuale: il modello stesso, restituito alla sua integrità concettuale e non più frammentato nelle sue proiezioni grafiche. Cambia l’approccio progettuale perché otteniamo conferme immediate e continue di ogni scelta compiuta senza dover attendere la fine del render o di aver redatto una sezione per accorgerci di qualche problema che ci eravamo trascinati per settimane senza accorgercene.

Quando portai Archicad nello studio in cui lavoravo, le abitudini del titolare cambiarono radicalmente: le più importanti decisioni di progetto venivano prese di fronte al modello aperto alla mia postazione. Anche per il più esperto e navigato degli architetti, progettare in un ambiente tridimensionale come si fosse immersi in esso è un vantaggio notevole e, perché no, anche un piacere: lo spazio tridimensionale non è più un universo nero sconfinato e indistinto popolato da geometrie solide ma un mondo con delle coordinate precise, organizzato per piani, dove la luce proietta le ombre sugli oggetti che sono dotati di caratteristiche proprie: i muri sono composti da diversi strati, le porte sono dotate di maniglia, dalla finestra penetra il sole di una data e orario precisi. Quando poi l’architetto chiede di vedere “cosa succede” in sezione non deve attendere giorni né ore ma solo qualche secondo; i tempi per l’esecuzione del progetto e delle sue modifiche sono dimezzati.

Con l’adozione di un sistema di progettazione parametrica 3D, la suddivisione degli incarichi di progetto viene determinata dalle competenze degli operatori e dalle esigenze della commessa e non dalla ripartizione orizzontale degli incarichi.

Alcuni studenti universitari che utilizzano Archicad raccontano che quando devono suddividere i compiti all’interno dei gruppi di progettazione, le piante vengono ancora sviluppate separatamente “perché altrimenti i nostri compagni che usano il CAD non sanno cosa fare” e non perché vi sia una reale esigenza di trattare la redazione delle piante separatamente. Avrebbe probabilmente più senso, ad esempio, suddividere la progettazione dell’involucro esterno e degli interni, indipendentemente dal tipo di rappresentazione utilizzata.

Altri due studenti universitari raccontano un'esperienza emblematica: revisione dell’ultima ora, il professore boccia in pieno l’intero progetto e richiede una sezione spezzata in più punti. È quasi tutto da rifare e il tempo è pochissimo. Gli altri compagni di corso sprofondano nella disperazione, l’esame è da rinviare sicuramente alla prossima sessione. I nostri studenti armati di Archicad invece modificano rapidamente il modello e tutti gli elaborati si aggiornano automaticamente: in un pomeriggio è tutto risolto. All’ultima revisione prima dell’esame il professore si complimenta con i ragazzi per essere riusciti a fare tutto nel poco tempo a disposizione e uno degli studenti risponde: “però professore è stata veramente dura, abbiamo lavorato giorno e notte”.

A volte è meglio custodire gelosamente i propri assi nella manica.

 

I modelli nella progettazione BIM

Abbiamo sinora parlato di CAD orientato agli oggetti e di Edificio Virtuale ma non ancora di BIM. È un fatto ormai noto come l’informazione, la "I" dell’acronimo BIM, sia l’elemento centrale della disciplina: lo sviluppo grafico è solo una parte dell’insieme di elaborati che accompagnano il progetto fino alla sua realizzazione e anzi, se consideriamo l’intero ciclo di vita dell’edificio, non costituisce nemmeno la parte principale.

Un progetto nasce e si evolve con l’apporto di diversi soggetti, i quali contribuiscono ognuno secondo i propri incarichi e competenze. Nel mondo del CAD assistiamo ancora una volta alla frammentazione dei dati che spesso si ripetono, si sovrappongono, si contraddicono o semplicemente si perdono o dimenticano. Il modello BIM vero e proprio non è solo l’origine degli elaborati grafici del progetto, ma è anche in grado di includere tutte le informazioni al suo interno.

Quando il titolare dello studio chiede un’informazione sul tipo di ascensore installato, sulla quantità di laterizi impiegati o sui requisiti dello spazio fisico costruito non c’è bisogno di cercare nel faldone, tra i vari file nelle cartelle della commessa o telefonare al tecnico: l’informazione è già lì, a portata di clic. Il 3D nel BIM non è solo la rappresentazione dello spazio nelle tre dimensioni ma si riferisce a un modello in cui ogni entità è “consapevole” della propria posizione, del proprio ruolo e delle informazioni necessarie ad espletare le sue funzioni rispetto al progetto nel suo insieme.

 

Progettazione BIM e 3D sono la stessa cosa?

Se dovessimo definire in un unico concetto la differenza fra il modello CAD e il modello BIM, sarebbe questo: mentre il modello CAD è una delle tante rappresentazioni del progetto, il modello BIM è il progetto stesso.

E se qualcuno si chiede ancora se sia possibile convertire un modello CAD in un modello BIM, la risposta è semplicemente e definitivamente no. Perché purtroppo (e per fortuna) non esistono scorciatoie ed è necessario “ragionare in BIM” per produrre un modello BIM.

 

 

 

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