L’obbligatorietà della metodologia BIM per appalti pubblici con importo superiore al milione di euro fissato per l'1 gennaio 2025 porterà inesorabilmente a una rivoluzione nel settore italiano delle costruzioni. Come definito nel nuovo Codice degli Appalti (D.lgs. n. 36/2023) le stazioni appaltanti, e di conseguenza i vari studi / aziende / società di progettazione / costruzione / manutenzione, dovranno utilizzare “piattaforme / strumenti interoperabili mediante formati aperti non proprietari”.
Il focus non è più solamente l’utilizzo di uno strumento BIM o di processi affini (per chi si trova a un livello più avanzato di implementazione della metodologia e di maturità aziendale). Piuttosto la finalità sarà quella di rendere “aperti” i processi, scambi e gestione dei modelli informativi secondo quanto indicato dalla normativa internazionale ISO 19650 e dagli standard sviluppati da buildingSMART International e richiamati nel nuovo Codice degli Appalti stesso. Ma cosa si intende per “aperto” e interoperabile? Vediamolo insieme spiegando il concetto di OpenBIM.
La digitalizzazione porta di per sé già alcune problematiche specifiche per il nostro settore, come ad esempio il passaggio da un sistema cartaceo a uno informatico.
Attualmente utilizziamo un sistema di disegno digitale, più delicato, che permette l’archiviazione e la gestione (versioning) dei vari file, a differenza di quando si lavorava con il tecnigrafo.
Per fare un parallelismo è come se ci trovassimo nella situazione di rendere disponibile attraverso qualsiasi strumento e indistintamente dal tempo una registrazione su VHS. Chi di noi possiede ancora un video registratore? E chi lo possederà fra 10, 50 o 100 anni? Ecco che non è più possibile utilizzare nel nostro settore dei formati nativi, specifici di ciascun software e che non garantiscono il loro continuo utilizzo o sviluppo negli anni a venire. Abbiamo la necessità più che impellente di sviluppare i nostri progetti e costruire i nostri beni immobili secondo dei formati aperti che possano garantire una lettura accessibile a tutti. Un po’ come già fa il formato aperto PDF per i documenti digitali.
Ovviamente il settore delle costruzioni porta con sé alcune dinamiche che complicano la situazione come:
La digitalizzazione del settore delle costruzioni paragonato agli altri settori
(Fonte: https://www.mckinsey.com/capabilities/operations/our-insights/imagining-constructions-digital-future)
In questo contesto si colloca buildingSMART International, l'organismo globale che guida la trasformazione digitale del settore delle costruzioni. Favorisce lo sviluppo e la diffusione di formati e standard aperti e non proprietari, per l’appunto interoperabili.
Nello sviluppo e nella diffusione della metodologia BIM, nel tempo, buildingSMART ha creato un vero e proprio ecosistema aperto, composto non solo da standard e formati, ma anche da programmi e strumenti che vanno a comporre il cosiddetto approccio OpenBIM. Tutto questo con l'obiettivo non solo di fornire strumenti adeguati, ma anche di certificare i professionisti e i software sul corretto utilizzo di OpenBIM.
Standard aperti:
Schemi e formati di dati aperti:
Strumenti:
Programmi di certificazione:
Infografica dell’ecosistema openBIM di buildingSMART International
(Fonte: https://www.ibimi.it/flusso-di-lavoro-openbim-una-panoramica/)
Nel corso degli ultimi mesi dello scorso anno sono stato incaricato da Graphisoft di scrivere una Workflow Guide (la seconda dopo quella delle Espressioni). L’idea era di rendere accessibile alla community Graphisoft concetti teorici e pratici particolarmente delicati come quello dell’IFC e della corretta esportazione di modelli informativi da Archicad.
Workflow Guides: IFC-Based Information Models in openBIM Workflows
Nella linea guida viene ampiamente spiegato il concetto di IFC e tutti i suoi concetti fondanti. Molto spesso si confonde ancora l’IFC come uno standard o un formato, quando invece la sua vera natura è quella di essere uno schema dati sviluppato appositamente per il settore delle costruzioni. Ma cos’è uno schema dati?
L'IFC può essere inteso come un diagramma che rappresenta un progetto costruito nella sua totalità di elementi e relazioni. Cercando di immaginarlo con un concetto più semplice, potremmo paragonarlo a un cubo di Rubik, rappresentato da diverse sfumature di colore, ognuna con un proprio scopo. In questo caso, ad esempio, lo schema dati IFC potrebbe rappresentare un progetto in tutti i suoi aspetti.
Paragone fra lo schema dati IFC e il cubo di Rubik
Declinati alcuni aspetti fondamentali, la Workflow Guide si sviluppa su un’ampia serie di esempi pratici definiti come “micro-challenge”. Per contestualizzare ciascuno di questi, nel libro, ho preso come esempio il documento BIMMS (BIM Metodo Statement) dell’Agenzia del Demanio, in modo da poter utilizzare un concreto Exchange Information Requirements e poter replicare un corretto flusso di lavoro openBIM in Archicad. Il caso studio dell’S Office fornito da Graphisoft ha permesso di conformare il tutto ad un vero e proprio edificio e alla sua complessità progettuale con le discipline strutturali e impiantistiche. La “macro-challenge” cardine della linea guida è stata quella di ottenere un modello informativo conforme alle richieste informative definite nel BIMMS.
Macro-challenge della Workflow Guide con il BIMMS dell’Agenzia del Demanio
Il Traduttore IFC di Archicad gioca un ruolo fondamentale al raggiungimento dello scopo sopra citato della linea guida. Per comprendere meglio la struttura di un modello informativo e, di conseguenza come strutturare un Traduttore IFC, è stata adottata la regola delle 5W. Serve per identificare quali informazioni fondamentali sono necessarie per comprendere un determinato aspetto. La struttura della Workflow Guide fonda i suoi capitoli e paragrafi proprio su alcune di queste “W” nelle quali vengono raccolte nozioni teoriche e pratiche relative a ciascuna “micro-challenge”:
Esempi di micro-challenge della Workflow Guide
Il tempo stringe e se vogliamo dare un contributo vero al nostro settore, ma soprattutto alla nostra società, garantire e adottare un approccio aperto risulta essere l’unica strada. Questo al di là dell’obbligatorietà del BIM, piuttosto come vero e proprio paradigma per un futuro migliore e, perché no, per rendere più efficiente e collaborativo il proprio e gli altrui flussi di lavoro.
Ecco che il BIM e l’(Open)BIM sono la medesima cosa, l’uno non esisterebbe senza l’altro. Ma soprattutto bisogna ricordare che: l’(Open)BIM non è solo IFC!
Il resto è solo un simil BIM.
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